Depositato stamane, in vista della discussione sul ddl 55, riferito alle norme da attuare per contrastare le conseguenze dell'epidemia Covid-19, un ordine del giorno del consigliere De Godenz avente come oggetto la concertazione con il governo di una modifica dell'interpretazione INAIL secondo la quale il Covid contratto sul lavoro è da ascriversi quale infortunio implicando responsabilità penale del datore di lavoro e, in caso di decesso del lavoratore malato, addirittura omicidio colposo.
"Ho deciso di intervenire con un apposito odg" ha spiegato De Godenz "poichè, trattandosi di un pandemia, oltre a considerare le ovvie ed evidenti difficoltà della dimostrazione del contagio sul lavoro, contagio che potrebbe infatti avvenire in qualunque altro luogo o momento - poiché la constatazione dell’infortunio prevede l’esistenza di un’ora e di un luogo ben preciso-, gli industriali italiani e trentini si sono ritrovati davvero spiazzati come confermato anche dalle parole, riportate ampiamente in seconda commissione sabato scorso e sulla stampa, e che condivido pienamente, del Presidente Manzana e del direttore generale di Confindustria Trento Roberto Busato il quale, senza mezzi termini, ha bollato la decisione di INAIL come assurda, aggiungendo che a nessuno verrebbe mai in mente di considerare infortunio sul lavoro il contagio da influenza e non si capisce perché il Covid-19 dovrebbe essere considerato in maniera differente.” Ritenendo in gran parte condivisibile tale ragionamento, credo che a livello politico vadano fatte delle valutazioni, corroborate da uno stretto confronto con Confindustria e con gli imprenditori trentini, al fine di procedere poi con una formale richiesta a Roma per un veloce cambiamento di rotta che permetta di modificare il parere dell’INAIL e concedere a chi produce e fornisce posti di lavoro di continuare il lavoro o riaprire con più serenità".
"L’intervento della Provincia Autonoma di Trento risulta oltremodo auspicabile" ha continuato De Godenz "anche perchè sono giunte negli scorsi giorni notizie di aziende che davanti al rischio di indagini e cause penali hanno deciso laddove possibile di utilizzare lo smart working o addirittura di non ripartire - e tale è il caso di alcuni stabilimenti produttivi - fino a quando l'interpretazione non verrà rivista."
"E' ad esempio il caso della Sportiva in Valle di Fiemme" ha spiegato De Godenz "azienda d’eccellenza famosa a livello internazionale che era prontissima a ripartire a pieno regime ma che a causa della scelta dell’INAIL - cha ha giustamente spaventato la proprietà - non ha potuto farlo, impedendo a centinaia di lavoratori di tornare al lavoro. Peranto Su questo punto chiedo davvero che si faccia i fretta e si intensifichi il confronto con il livello nazionale, ottenendo il cambiamento necessario." ha concluso il consigliere provinciale
Per tali ragioni, visto l’art. 2 del ddl 55/XVI De Godenz ha richiesto che il Consiglio della Provincia Autonoma di Trento impegni la Giunta Provinciale a presentare con urgenza al Governo nazionale, al fine di supportare la pronta e piena ripartenza delle industrie e imprese trentine, la richiesta di adottare tutti gli approfondimenti necessari al fine di verificare se la posizione dell’INAIL risulta coerente o meno con il quadro normativo e, in quest’ultimo caso, di approvare le disposizioni necessarie per chiarire normativamente già con il prossimo decreto che il contagio da Covid-19 non deve essere inquadrato come infortunio sul lavoro ma come malattia o - in subordine - che il contagio da Covid-19 viene considerato infortunio sul lavoro solo dove sia espressamente provato dall’INAIL che il contagio, oltre ad essere avvenuto sul luogo di lavoro, è avvenuto a causa del mancato rispetto da parte del datore di lavoro delle misure di sicurezza espressamente indicate dal Governo.
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Sotto si riporta copia integrale dell'ordine del giorno depositato oggi
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PROPOSTA DI ORDINE DEL GIORNO
Iniziata, dopo oltre 50 giorni di quarantena pressoché totale dovuta al Coronavirus, la FASE 2 che dovrebbe progressivamente riportare il Paese - e in esso il Trentino - verso una progressiva ripartenza di tutte le attività, appaiono in tutta la loro evidenza numerose problematiche che richiedono immediate risoluzioni.
In riferimento all’industria, mentre tutte le della nostra provincia aziende hanno riaperto o stanno spingendo per riaprire, è giunta come un fulmine a ciel sereno una notizia da parte dell’Istituto Nazionale Assistenza Infortuni sul Lavoro che rischia di rallentare se non bloccare del tutto la ripresa.
L’ INAIL, infatti, tramite una circolare emanata giovedì 30 aprile, ha ufficialmente stabilito che il Covid-19 contratto sul luogo di lavoro non risulta classificabile come malattia professionale bensì come infortunio sul lavoro.
Immediata la reazione, fortemente critica e preoccupata, di tutti gli imprenditori perché tale decisione ne porta con sé un’altra: in tal modo in caso di decesso di una persona ammalatasi sul luogo di lavoro - anche se come sia possibile definirlo con certezza appare un vero mistero - il datore di lavoro risulterebbe responsabile a livello penale già dopo 40 giorni dal dichiarato infortunio e a suo carico verrebbe ipotizzato il reato di omicidio colposo in caso di decesso.
Trattandosi di un pandemia, oltre a considerare le ovvie ed evidenti difficoltà della dimostrazione del contagio sul lavoro, contagio che potrebbe infatti avvenire in qualunque altro luogo o momento - poiché la constatazione dell’infortunio prevede l’esistenza di un’ora e di un luogo ben preciso- gli industriali italiani e trentini si sono ritrovati davvero spiazzati come confermato anche dalle parole, riportate ampiamente sulla stampa, sia dal Presidente Manzana che del direttore generale di Confindustria Trento Roberto Busato il quale, senza mezzi termini, ha bollato la decisione di INAIL come assurda, aggiungendo che a nessuno verrebbe mai in mente di considerare infortunio sul lavoro il contagio da influenza e non si capisce perché il Covid-19 dovrebbe essere considerato in maniera differente, semplicemente come malattia o,nel caso di personale sanitario come malattia professionale.
Ritenendo in gran parte condivisibile tale ragionamento, appare necessario che a livello politico vengano fatte delle valutazioni, corroborate da uno stretto confronto con Confindustria e con gli imprenditori trentini, al fine di procedere poi con una formale richiesta a Roma per un veloce cambiamento di rotta che permetta di modificare il parere dell’INAIL e concedere a chi produce e fornisce posti di lavoro di proseguire la produzione o riaprire con più serenità, fermo restando le difficoltà di applicazione dei nuovi protocolli di sicurezza, i quali, benché necessari, risultano gravosi sia a livello economico che di applicazione pratica per tutte le aziende.
L’intervento della Provincia Autonoma di Trento risulta oltremodo auspicabile poiché sono già giunte notizie di aziende che davanti al rischio di indagini e cause penali hanno deciso laddove possibile di utilizzare lo smart working o addirittura di non riaprire - e tale è il caso di alcuni stabilimenti produttivi - fino a quando la sopracitata interpretazione non verrà rivista.
Considerata la partita in gioco, riguardante non solo gli industriali e i proprietari di aziende ma anche le migliaia di posti di lavoro e di famiglie a rischio inattività e disoccupazione - oltre che una reale possibilità futura in caso di applicazione di migliaia di cause sul lavoro promosse dagli stessi datori che creerebbe ulteriori difficoltà ai lavoratori stessi - ritenendo fondamentale levare nel modo più veloce possibile qualsiasi ostacolo a una pronta ripresa del Sistema Trentino e per i motivi appena esposti
in riferimento all’articolo 2 del DDL n. 55/XVI, il Consiglio impegna la giunta provinciale
1.a presentare con urgenza al Governo nazionale, al fine di supportare la pronta e piena ripartenza delle industrie e imprese trentine, la richiesta di adottare tutti gli approfondimenti necessari al fine di verificare se la posizione dell’INAIL risulta coerente o meno con il quadro normativo e, in quest’ultimo caso, di approvare le disposizioni necessarie per chiarire normativamente già con il prossimo decreto che il contagio da Covid-19 non deve essere inquadrato come infortunio sul lavoro ma come malattia o - in subordine - che il contagio da Covid-19 viene considerato infortunio sul lavoro solo dove sia espressamente provato dall’INAIL che il contagio, oltre ad essere avvenuto sul luogo di lavoro, è avvenuto a causa del mancato rispetto da parte del datore di lavoro delle misure di sicurezza espressamente indicate dal Governo.
Cons. Pietro De Godenz
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