La storia rammenta che nel lontano 1918 la pandemia di influenza spagnola è durata 15 mesi uccidendo tra 50 e 100 milioni di persone in tutto il mondo. Si presentò in tre ondate: una in primavera, una seconda in autunno e la terza in inverno, ma la più devastante fu quella che comparve in autunno. All’inizio la spagnola si manifestò come un influenza un po' più aggressiva del solito, ma poi si rivelò in tutta la sua drammaticità. A milioni morivano di polmonite con la presenza di liquido pesante e sangue nei polmoni.
La pandemia da Coronavirus dei giorni nostri la possiamo definire, non con termini scientifici, una influenza polmonare, che negli effetti poco si discosta da quella spagnola, e non è neppure escluso che anche questa possa manifestarsi in più ondate. Per fortuna oggi, a differenza che nel passato, possiamo contare su maggiori elementi di conoscenza, sul progresso tecnologico e su farmaci che ci permettono di contenerne la diffusione, alleviare la sintomatologia, contenere le complicanze e limitare i decessi, per quanto possibile. Rimane comunque un’influenza molto impegnativa dove, quando si complica, si deve intervenire con particolari attrezzature, i respiratori, normalmente presenti nei reparti di terapia intensiva dove i posti letto sono limitati. Sono attrezzature che non possono essere gestite da chicchessia, pur con qualifica di infermiere o medica, ma da professionisti con una formazione adeguata a tale scopo. Da qui la necessità di rallentare il tasso matematico di accelerazione della pandemia altrimenti, anche se più attrezzati, sarebbe comunque impossibile garantire una risposta adeguata alle complicanze che via via si manifestassero.
Ecco perché in queste settimane sono state svuotate le strade e i luoghi di lavoro, tanto che le città e i paesi appaiono vuoti e la vita sembra non animare più questi luoghi. Ma fino a quando potremo mantenere e sopportare questo stato di restrizione? Non credo si possa attendere l’esaurirsi della pandemia perché sono ancora troppi i lati oscuri di questa virosi, come lo era per l’influenza spagnola, per avere certezza sulla sua durata, se sarà possibile debellarla definitivamente o se dovremo rassegnarci ad una sua presenza endemica.
Comunque sia, dobbiamo prepararci ad un allentamento graduale, ma progressivo, delle limitazioni che altrimenti uccidono la speranza di un domani. È urgente che ci sia una ripresa della vita sociale, economica, culturale... e nel contempo si continui nell’opera di contenimento e rallentamento della diffusione dell’infezione da Covid 19. Da qui l’importanza di introdurre, da subito in Trentino, l’obbligo per tutti di indossare una mascherina (o altra protezione) che copra il naso e la bocca, in tutte le occasioni e in tutti gli ambienti che vedono le persone fuori del proprio domicilio, senza alcuna eccezione. Ciò permetterebbe di impedire, ai tanti che sono stai contagiati dal virus e sono asintomatici, di contagiare a loro volta altri senza esserne consapevoli.
L’obbligo dei guanti per tutti non garantisce quanto l’uso della mascherina, anzi c’è il rischio che si ottenga l’effetto opposto a quello desiderato: illude chi li indossa di essere adeguatamente protetto e conseguentemente diminuisce l’attenzione e il ricorso alla pratica del lavaggio sociale delle mani ripetuto. I guanti sono sicuramente presidi utili, ma se non correttamente indossati e sostituiti, risultano a loro volta un veicolo d’infezione, quindi pericolosi.
Cons. Claudio Cia
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