La delega della giustizia dallo Stato alla Regione TAA - fortemente voluta dalla classe politica regionale a dispetto di ogni altra considerazione che avrebbe dovuto consigliare il contrario – mostra oggi una verità inconfutabile: gli organici e le condizioni materiali di lavoro del personale amministrativo sono sensibilmente peggiorati nel corso di questi tre anni, come anche la manutenzione degli edifici giudiziari e i servizi offerti sul territorio.
Pur volendo riconoscere che il problema della carenza di personale c’era anche con lo Stato, non si può non convenire come la Regione abbia peccato – nel migliore dei casi - di impreparazione e intempestivitànell’affrontare il tema. Occupata a trovare la quadra finanziaria della delega nel rapporto con lo Stato, o a finanziare interventi più di rappresentanza che di manutenzione effettiva degli immobili, non attrezzata con una tecnostruttura adeguata per la gestione di questo passaggio epocale, ha opposto tempi e iniziative incongruenti e contraddittori per le possibili soluzioni del problema, lasciando colpevolmente trascorrere tempo prezioso che ha determinato la perdita quasi definitiva di un patrimonio insostituibile di conoscenze, i vecchi cancellieri che avrebbero potuto formare nuove leve. Fare il cancelliere nei Tribunali non è cosa che si improvvisa con qualche distacco o comando da altri Enti o personale a tempo determinato, cui vanno in ogni caso riconosciuti disponibilità e impegno. Quella degli organici avrebbe dovuto essere la prima questione in agenda nelle trattative con lo Stato. Ma non si sono volute ascoltare neppure le proposte del sindacato, che proponevano soluzioni a portata di mano, come lo scorrimento delle graduatorie nazionali del concorso a Funzionario, l’assunzione di assistenti giudiziari attingendo dal concorso già fatto dal Ministero, oppure – in buona sostanza - procedere senza indugio con concorsi autonomi in Regione, arrivati solo nel 2019!
Il Presidente Kompatscher non ha più dato segni di sé dopo aver convinto gran parte del personale, in una famosa assemblea del maggio 2017, che aveva a cuore il personale giudiziario e che mai avrebbe mortificato la loro professionalità e dignità. Nel frattempo gli uffici si svuotavano, le funzioni e gli uffici e gli sportelli venivano accorpati, i carichi di lavoro raddoppiavano, i pochi funzionari contesi tra i vari uffici. Oggi gli operatori e gli assistenti fanno i cancellieri, i cancellieri fanno i funzionari, tutto a costo zero. Anzi no, a costo di un aumento esponenziale della conflittualità interna e del deterioramento del benessere e del clima lavorativo. E su condizioni di lavoro già così precarie la Regione ha dato ulteriore prova di sé nel voler a tutti i costi imporre la revisione dell’orario di lavoro, dopo aver solennemente promesso di non intervenire. Siamo dovuti arrivare a poche ore da uno sciopero unitario per scongiurarlo, con uno scenario comunque compromesso da interpretazioni soggettive delle nuove norme da parte di alcuni capi degli uffici.
La situazione, ben riassunta dalla Presidente della Giunta ANM regionale Consuelo Pasquali nel suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario, pare dunque al capolinea!
La Fp Cgil del Trentino, insieme alla Fp Cgil nazionale, pur esprimendo per tempo un giudizio negativo sulla delega di funzioni, si è impegnata in un percorso di confronto serio e responsabile nelle sue varie fasi attuative, a tutela dei servizi e degli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti. Tuttavia, abbiamo dovuto affrontare persino un contenzioso legale e denunciare più volte la logica dogmatica con cui si vuole perseguire a tutti i costi un’armonizzazione contrattuale che confligge con il principio di realtà: due mondi completamenti diversi, quello regionale e quello giudiziario, non possono essere gestiti con medesimi strumenti e strategie.
Al punto in cui siamo, e sempre che non sia troppo tardi, parrebbe necessario condividere urgentemente una road map con carattere emergenziale sui vari temi, da quello assunzionale alle condizioni di lavoro degli addetti superstiti. Condizioni che ancora non si comprendono nella loro drammaticità, per le scadenze, le ispezioni ministeriali, le urgenze, il personale non formato, la conflittualità diffusa. A patto però di un serio coinvolgimento di tutti i soggetti interessati – Stato, Regione, Magistrati, e Sindacati - , altrimenti è il caso di fare un passo indietro. Perché sia chiaro che mentre Trento discute Roma ha fatto concorsi, assunzioni, progressioni di carriera. Dunque, incontestabilmente, per una sorta di eterogenesi dei fini, la delega ha comportato un peggioramento delle condizioni per il personale e per la giustizia trentina anziché il contrario come propagandato, e lo Stato ha invertito e sta invertendo la rotta con risposte concrete.
Pur con tutte le attenuanti possibili, a tre anni dalla delega, non possiamo dunque che confermare il giudizio negativo su un’operazione eminentemente politica che rischia di gettare un’ombra sull’Autonomia Speciale, in altre circostanze del passato invece assolutamente all’altezza della sfida. Si difende e si valorizza meglio l’Autonomia rinunciando a progetti non adeguatamente preparati, finanziati e supportabili dalle tecnostrutture. E visto che ci siamo, diciamo anche che funzioni e poteri fondamentali, quali quello giudiziario, dovrebbero restare in mano statale, a garanzia della separazione di poteri, autonomia e indipendenza. Ciò vale anche per le Agenzie Fiscali e Commissioni Tributarie, funzioni ad alto rischio di conflitto di interesse in seno all’Autonomia.
Segretario Generale Luigi Diaspro
Ufficio stampa CGIL del Trentino
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