La giornata internazionale contro la violenza sulle donne del 25 novembre ha obbligato ognuno/a di noi a riflettere su quella che non è più una emergenza ma un vero e proprio fenomeno sociale e culturale, soprattutto nel nostro Paese.
Finite le parole di rito da parte delle istituzioni, dal 26 novembre in poi è doveroso approfondire i numerosi dati che sono stati presentati e che raccontano di un Paese, ma anche di una provincia, la nostra, dove l’elemento principale che sta alla base delle varie forme di violenza è da riscontrarsi negli stereotipi di genere talmente radicati da rappresentarne una fonte di legittimazione.
I dati, soprattutto quelli diffusi dall’Istat, mostrano le convinzioni degli che italiani hanno su questo fenomeno: il quadro è sconcertante e carico di pregiudizi. Per una percentuale considerevole degli italiani i comportamenti delle donne hanno ancora una consistente responsabilità nel "provocare" le reazioni violente degli uomini, e addirittura emerge che in alcuni regioni tra cui la provincia di Trento, siano proprio le donne quelle che ritengono socialmente più accettabile la violenza nella coppia, almeno in alcune circostanze e il controllo dell’uomo sulla donna.
Mai come in questo caso la provincia di Trento è in linea con il resto d’Italia e questo obbliga ognuno di noi a considerare questi dati come una sconfitta del nostro immaginarci più evoluti culturalmente e virtuosi nelle pratiche.
Sentiamo l’urgenza di mettere in campo tutte le azioni che contribuiscano a promuovere dei mutamenti nei comportamenti socioculturali, partendo dall’educazione dei bambini e delle bambine che saranno gli adulti del domani.
Nessuno può chiamarsi fuori da questa responsabilità. In primo luogo le istituzioni che, di fronte a questi dati, non possono più permettersi di affrontare questo fenomeno con superficialità e banalizzazione. Ogni numero racconta una storia di violenza fisica, economica, psicologica e sessuale vissuta da una donna per mano di uno o più uomini. Le percentuali di accettazione ci raccontano che tutto parte dall’idea stereotipata che la società ha e racconta delle donne, innescata e alimentata in tutti i settori della vita pubblica e privata.
Non c’è più tempo e tanto se ne è perso. C’è un prima e un dopo: abbiamo tanto da costruire e questo è e sarà sempre il nostro impegno.
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