Da 250 anni simbolo di Trento, necessita di un intervento a causa del degrado della pietra.
Sarà presto restaurata la fontana del Nettuno, da 250 anni centro e cuore della città di Trento. Opera dell'architetto di Lavarone Francesco Antonio Giongo coadiuvato dallo scultore comasco Stefano Salterio, la fontana ha iniziato a zampillare esattamente due secoli e mezzo fa, l'8 luglio 1769, in occasione della festa di San Vigilio. Maestoso, ancora oggi simbolo dell'identità di Trento, il Nettuno mostra comunque i segni evidenti del passare tempo, il degrado e l'erosione della pietra causati dallo scorrimento delle acque meteoriche e dall'alternarsi del gelo e del disgelo. Anche l’inquinamento atmosferico ha svolto un ruolo non trascurabile, in quanto il ph delle pioggie acide ha aumentato sensibilmente l'abrasione.
Il fenomeno esteticamente più evidente è quello della diffusa presenza di una patina inorganica di colore bianco-grigio cui si aggiungono alghe brune e verdi e la formazione di piccole cavità (alveolizzazione) che avviene generalmente in materiali molto porosi come la pietra di Arco.
Il progetto di restauro è finalizzato a intervenire sui principali fenomeni di degrado che caratterizzano attualmente il monumento, con l'intento di ridurne l'impatto, migliorare la conservazione e al contempo recuperare l'estetica visibilmente compromessa.
Le fasi operative dell'intervento prevedono tra l'altro l'approfondimento dei principali fenomeni degenerativi tramite apposita diagnostica non distruttiva, la documentazione grafica e fotografica durante tutte le fasi salienti dell'intervento, la verifica della metodologia di pulitura, la rimozione dei restauri non più coerenti, il consolidamento strutturale delle parti architettoniche, la stuccatura e l'elaborazione di un piano di manutenzione quinquennale.
Per l’esecuzione dei lavori dovrà essere montato un ponteggio che consenta di raggiungere tutte le parti scultoree, ponteggio dotato di una scala per consentire la visita del cantiere di restauro. La recinzione di cantiere sarà rivestita con pannelli descrittivi sui contenuti storici e sui restauri in corso.
L’importo compressivo del progetto ammonta a 175 mila euro.
La natura dei lavori richiede temperature miti e un cantiere asciutto per cui l'intervento inizierà a fine marzo 2020 e durerà circa sei mesi. A San Giuseppe non ci sarà dunque la consueta apertura dell’acqua della fontana, rinviata alla conclusione dei restauri.
Il gruppo misto di progettazione e direzione lavori è costituito dall’architetto Daniela Tessarin del Comune di Trento, dalla restauratrice Monica Endrizzi e dall’ingegner Massimo Maccani per il coordinamento della Sicurezza.
La storia: da “modesto recipiente” a simbolo della città
Nella seconda metà del Settecento, per iniziativa dei consoli che governavano la città di Trento, si concretizzò l’idea di realizzare una fontana monumentale nella piazza principale e dal “modesto recipiente”, deliberato nel 1766 dal magistrato consolare, essa fu destinata a divenire nel tempo il simbolo dell’identità civica e fulcro della vita cittadina. Opera dell’architetto Francesco Antonio Giongo nativo di Lavarone, la struttura architettonica fu principalmente concepita per rifornire di "salubre acqua di sorgente" il centro della città, nonostante furono poi numerosi i divieti imposti alla cittadinanza, che prevedevano limiti e restrizioni nel utilizzo della fontana del Nettuno per lavare i panni o generi alimentari. Originariamente infatti la fontana era circondata da sedici pilastri in pietra collegati da catene. La delimitazione venne rimossa nel restauro di fine Ottocento e non più ripristinata.
Nel 1768 l’opera poté considerarsi compiuta sia dal punto di vista architettonico che nell’apparato decorativo, mentre l’acqua cominciò a zampillare l’8 luglio 1769 e, in occasione della festa di San Vigilio, la fontana venne inaugurata con uno spettacolo pirotecnico.
Per lungo tempo Francesco Antonio Giongo è stato erroneamente considerato l'unico ideatore della fontana del Nettuno, ma recenti studi hanno confermato che egli fu l'artefice della composizione dell’opera architettonica e partecipe nell’esecuzione delle vasche, del fusto e dei cartigli, mentre le statue originali del Nettuno e degli altri gruppi scultorei furono opera dello scultore comasco Stefano Salterio.
A partire dal 1858 la fontana del Nettuno a causa delle pessime condizioni conservative fu oggetto di importanti interventi di restauro. Il progressivo degrado dei gruppi scultorei indusse l’amministrazione civica ad affrontare il problema radicalmente, incaricando lo scultore Andrea Malfatti di eseguire le copie di tutti i gruppi scultorei, ad eccezione della statua del Nettuno, sulla base dello studio e dei rilievi commissionati all’artista Ferdinando Bassi.
Della monumentale opera concepita da Francesco Antonio Giongo rimangono attualmente i tre ordini di vasche che ruotano intorno ad un pilastro centrale di forma ottagonale, realizzate in rosso ammonitico delle cave di Trento. Gli otto gruppi scultorei che raffigurarono figure mitologiche marine, furono rifatti dal Malfatti (tra il 1869 e il 1871) impiegando la stessa pietra utilizzata dal Giongo alla fine del Settecento: il calcare oolitico bianco proveniente dalle cave di Arco.
Uno dei due tritoni del secondo ordine (quello posto a sud est), danneggiato nel 1920 a seguito del cedimento del sottostante modiglione, si distingue dalle altre statue perché rifatto “in pietra viva” (verdello) dallo scultore Davide Rigatti, allievo del Malfatti.
L’unica statua originale scolpita da Stefano Salterio rimane il Nettuno, rimossa dalla fontana nel 1940 e ricoverata nel cortile di palazzo Thun; al suo posto nel 1945 fu collocata la copia in bronzo, anch’essa opera di Rigatti.
Ufficio stampa Comune di Trento
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