Recentemente mi è stato segnalato da attenti cittadini che in questi giorni, all’interno della bacheche pubbliche degli ospedali trentini, è stata affissa una locandina che promuove una sorta di assistenza sanitaria preferenziale per chi si trova nel nostro paese e, al momento, è sprovvisto di documenti. L’annuncio infatti dice “sei malato, irregolare, senza assistenza sanitaria?... ti possiamo aiutare!” e poi indica una serie di orari e luoghi a cui rivolgersi senza appuntamento, senza dover pagare o, vista la natura del servizio, presentare alcun tipo di documento.
Il fatto particolarmente curioso, a parer mio, è che il contatto di riferimento della locandina, scritto rigorosamente anche in arabo, appartiene ad una lavoratrice dell'Azienda pubblica sanitaria trentina, la quale sarebbe referente di un progetto che permette di accedere a vari servizi, come quello di medicina generale o quello di ginecologia.
Intendiamoci: quello alla salute è un diritto fondamentale già oggi garantito a tutti a prescindere dalla cittadinanza ed è giusto che anche chi sbarca domani mattina in Italia, ancorché irregolare, abbia accesso a quelle prestazioni che permettono una vita dignitosa e che tutti dobbiamo impegnarci a garantire. Non è però assolutamente giusto nè educativo promuovere vie preferenziali ed eccezionali, che suscitano perplessità e generano conflitto sociale e che, come nel caso di chi ci ha segnalato la questione, lasciano allibito il cittadino che è costretto ad aspettare mesi e mesi per fruire di una prestazione sanitaria e pagare ticket sempre più esosi. Se un irregolare ha diritto ad una prestazione sanitaria, ha pure il dovere di seguire quell’iter e quelle modalità che permettono al cittadino comunque di accedervi, senza “autostrade” che arrivino prima alla meta.
Sono profondamente convinto che chiunque abbia diritto all’assistenza sanitaria di base, ma sono altrettanto conscio del fatto che istituire comparti e modalità specifiche per gli irregolari sia uno schiaffo a quei lavoratori e a quegli anziani che devono invece mettersi in fila, aspettare per avere una vista, e (spesso) pagare per vedersi riconosciuto il sacrosanto diritto alla prevenzione e alle cure sanitarie. L'integrazione non può prescindere dalla consapevolezza che tutti i cittadini devono avere le stesse opportunità e che queste devono originare da stessi diritti e stessi doveri.
Cons. Claudio Cia7
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