È il fenomeno mediatico del momento, candidata al Premio Nobel per la pace ed iscritta dall’autorevole rivista Time nella lista dei 25 teenager più influenti del mondo. Greta Thunberg da mesi si presenta davanti ai principali consessi internazionali, l’ultima volta nei giorni scorsi davanti al vertice delle Nazioni Unite sul clima, accusando capi di stato ed imprenditori rei, a suo dire, di averle rubato il futuro. Nei suoi interventi frasi infuocate e di grande effetto come «Avete rubato i miei sogni e la mia infanzia con le vostre parole vuote. Le persone stanno soffrendo, stanno morendo. Interi ecosistemi stanno collassando. Siamo all’inizio di un’estinzione di massa». Dichiarazioni roboanti, risultato a quanto sembra più di un’attenta campagna di marketing (non è un mistero che sia seguita da quello che in Svezia è considerato uno dei guru della comunicazione) che non di un’attenta disamina dei cambiamenti climatici in atto.
Scenari apocalittici quelli descritti da Greta con eccessi retorici che puntano il dito contro il progresso. Una lettura ingenerosa di quanto le generazioni passate hanno fatto. È grazie al progresso, solo per fare un esempio, se tanti coetanei africani di Greta avranno un futuro. È grazie al progresso se negli anni è diminuito il numero di bambini decimati dalla fame e dalle malattie nel Terzo Mondo e se la disponibilità di acqua potabile è cresciuta enormemente. È grazie al progresso se malattie un tempo mortali ora sono curabili.
Ascoltare le invettive della sedicenne svedese è giusto per mantenere alto il dibattito sui cambiamenti climatici, ma seguirla lo è decisamente meno. La tecnologia, che a volte inquina e consuma risorse non rinnovabili, produce sempre progresso. Basti pensare all’insulina per diabetici, prodotta da industrie ad alta tecnologia e ad alto consumo energetico, che garantisce a chi è afflitto da questa malattia non curabile – che nel 2030 si calcola che rappresenterà la settima causa di morte al mondo – una buona qualità della vita.
Il progresso non è solo catastrofe e inquinamento, è soprattutto speranza. Per questo motivo più che scioperare occorre studiare.
Giorgio Leonardi, assessore all'Integrazione europea e Aiuti umanitari
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