Funerale famiglia Pancheri - omelia
(Romallo 13 agosto 2019)
“Le grandi acque non possono spegnere l’amore, né i fiumi travolgerlo.” (Can.8,7) La forte affermazione del Cantico dei cantici e le rassicuranti parole del testo delle Lamentazioni - “Le grazie del Signore non sono finite, non sono esaurite le sue misericordie” (Lam.3,22) - aprono un varco nell’oscurità di quest’ora.
Il Padre con il suo Figlio Gesù Cristo, Misericordia senza fine, prende per mano Giampietro, Adriana e David per portarli nel suo riposo. “Questa è la volontà del Padre, che il Figlio non perda nulla di quanto gli ha dato” (Gv.6,37ss).
In questo momento non posso barare con voi, la parola più adatta davanti a tanto dolore è il silenzio, la sofferenza esige rispetto, chiede che ci si metta una mano sulla bocca.
A permettermi di offrirvi sommessamente una parola, è quel Dio che in Gesù Cristo ha scompaginato tutte le nostre immagini di Dio, entrando Lui stesso nella sofferenza: “...cominciò a provare paura e angoscia”. Questo Dio che sale l’erta del Calvario, purtroppo, è sconosciuto pure alla Chiesa. Come Pietro, anch’essa si allontana spesso da Lui, per rifugiarsi in vuote chiacchiere religiose senz’anima e senza mordente.
Accostando, in punta di piedi, assieme a Gesù Crocifisso il tormento di David, causa scatenante del suo tragico gesto, le uniche parole che escono dalla mia bocca sono compassione e misericordia. Il Dio di Nazareth raccoglie lui, il papà Giampietro e la mamma Adriana nell’abbraccio del suo Amore.
Questa tragedia, con il suo carico di domande senza risposta, chiede urgentemente di non fermarsi sulla soglia, ma di provare a far spazio all’altro con il suo carico di mistero. Non ci sono alternative all’incontro per liberare la forza della vita e metterla al riparo dal rischio di tragiche derive.
In quest’ora, mentre sperimentiamo la debolezza delle nostre parole, è provvidenziale frequentare la Parola Nuova tratteggiata nel Volto di Gesù Di Nazareth.
Come i discepoli di Emmaus, anche noi Signore ti preghiamo: “Resta con noi perché si fa sera.”
+ arcivescovo Lauro Tisi
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