Quanto i cambiamenti climatici in atto influiranno sugli sport invernali?
Il 2015, 2016, 2017, 2018 e parte del 2019 sono confermati come i più caldi di sempre sul pianeta; gli effetti del riscaldamento globale sono tangibili da tempo, e fra quelli già visibili, l’aumento delle temperature nelle zone montuose avvenuto nell’ultimo secolo che ha tardato l’arrivo delle nevicate e ne ha ridotto la durata. Lo stesso innalzamento delle temperature fa sì che le località sciistiche situate ad altitudini meno elevate debbano spendere sempre più soldi per attrezzare le proprie piste, in mancanza di nevicate abbondanti e temperature adeguate.
Secondo il “Rapporto Clima” del Centro di Ricerca Eurac di Bolzano, le montagne sono e saranno sempre più colpite dagli effetti dei cambiamenti climatici. In particolar modo le Alpi. Qui, infatti, il riscaldamento medio misurato negli ultimi cento anni è doppio rispetto alla media europea di circa + 2 gradi.
La temperatura è in lento ma costante aumento a causa delle eccessive emissioni di gas serra con conseguenze disastrose anche per l’ambiente Alpino. Entro il 2050, gli scienziati prospettano un aumento variabile tra +1,2 e +2,7 gradi centigradi, con impatti negativi anche sul turismo invernale.
Se per il turismo estivo nelle Alpi il cambiamento climatico potrebbe rappresentare un vantaggio competitivo visto che molte persone desiderano fuggire dal caldo delle città, non è invece la stessa cosa per il turismo invernale.
L’aumento delle temperature e delle precipitazioni piovose provocherà una riduzione dell’innevamento delle montagne con conseguenze dirette sia sul tradizionale paesaggio montano che sul turismo. Le aree innevate potrebbero diminuire dall’84% al 62,5% rispetto alle superfici attuali. Ovviamente le aree sciistiche a minore altitudine sono le più svantaggiate. Diversi studi dimostrano che già dal 2030 non si avranno precipitazioni nevose certe al di sotto dei 1300 metri.
Sino ad ora si è sopperito alla mancanza o scarsità di neve con l’innevamento artificiale.
La neve artificiale viene prodotta con mezzi che trasformano, in condizioni meteorologiche favorevoli, una certa quantità di acqua in neve. Il dibattito sulla eco sostenibilità di questa attività è ampio.
Questa pratica, innegabilmente vantaggiosa per le località sciistiche e per gli appassionati di sport invernali, ha però degli elevati costi ambientali.
Mettere in funzione i cosiddetti ‘cannoni sparaneve’ per imbiancare le piste da sci ha un costo non indifferente. Basti pensare che per produrre 2 metri cubi di neve artificiale occorrono circa 1.000 litri di acqua. Servono 20.000 metri cubi per innevare artificialmente una pista di medie dimensioni a 1.600 metri di lunghezza.
Uno dispendio di risorse idriche colossale, dunque, a cui si deve aggiungere l’energia elettrica necessaria ad alimentare i cannoni, l’inquinamento atmosferico generato dai camion che devono trasportare la neve ‘tecnica’ da una parte all’altra delle valli, nonché il massiccio utilizzo di additivi inquinanti che hanno pesanti ricadute sulla fauna e la flora alpina.
Sempre secondo il Dossier 2019 di Legambiente, in Trentino la superficie sciabile è di 1536 ettari di cui 1279 innevabili artificialmente. Tutto ciò è possibile con investimenti massicci di denaro pubblico.
Risulta impossibile pensare che in futuro la neve artificiale possa sostenere adeguatamente il turismo invernale.
Le nostre montagne mai come oggi sono sotto assedio. Passi di montagna riaperti al traffico, senza più limiti dopo la rivolta popolare dell'anno scorso. Raduni di fuoristrada sui sentieri oltre quota duemila metri, anche in aree protette, concerti in alta quota.
Il rapporto ISPAT ci racconta che l’andamento della stagione invernale 2018-2019, pur restando nel complesso positivo, vede numeri in generale flessione. In diminuzione il settore alberghiero, in leggero aumento quello extralberghiero. L’andamento dei singoli territori è generalmente negativo, ma in crescita le zone di Trento, Monte Bondone e valle dei Laghi, Valsugana e Tesino, Valli di Sole, Peio e Rabbi, Altopiani di Pinè e Valle di Cembra, non a vocazione esclusivamente sciistica. Ciò dimostra che il turista sta cercando anche altre forme di vacanza.
A questo punto si ritiene indispensabile la programmazione dell’offerta turistica dei prossimi anni, cercando di proporre un’alternativa allo sci. Puntare sulle esperienze di benessere, di contatto con la natura, di scoperta culturale o enogastronomica dei territori, insomma proposte che siano sostenibili e autentiche.
Non possiamo dimenticare però che il nostro territorio sarà protagonista nel 2026 delle Olimpiadi invernali.
Se è indiscusso l’obiettivo del richiamo turistico e della redditività di questo grande evento, è altrettanto vero che bisogna scongiurare cementificazioni ulteriori, cercando di utilizzare strutture già esistenti e mantenere il più possibile intatto il grande patrimonio ambientale di pregio che la Natura ci ha regalato.
L’obiettivo dovrebbe essere “Olimpiadi ad impatto zero”. Sarà possibile? La grande sfida sarà trovare un equilibrio fra libertà di scelte anche innovative e sostenibilità.
Tutto ciò premesso si interroga il presidente della Provincia di Trento per sapere:
Lucia Coppola
consigliera provinciale Futura 2018
Paolo Ghezzi
consigliere provinciale Futura 2018
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