CULTURA | STORIA
“Trento è un’isola/18 morti nelle valli”.
Questo il titolo del quotidiano locale del Trentino L'Adige uscito il 6 novembre 1966, due giorni dopo la terribile alluvione che devastò le città di Firenze, Grosseto, Venezia e gran parte del Nordest italiano.
Il valore massimo di precipitazioni venne registrato in Val Cellina, Friuli (711 mm). Nella Provincia di Trento invece il picco fu registrato a passo Cereda, in Primiero, con 485 mm nelle giornate del 4 e 5 novembre (la media annuale è di circa 1500 mm).
Nel solo Trentino si contarono 20 morti e 500 senzatetto nei 126 comuni colpiti da quasi 5.000 frane.
Le zone più colpite della provincia furono il Primiero, il Tesino e la Val di Fiemme.
Diversi i disastri che il maltempo provocò soprattutto in ambito di viabilità.
Tra i principali, nella zona di Canal San Bovo la distruzione dei ponti sul Vanoi (in foto) e sul Lozen, nel Primiero una frana dal monte di Mezzano distrusse quasi metà di Mezzano, inoltre il torrente Cismon aveva spostato il ponte in località San Silvestro. Venne interrotto, a causa di un'altra frana, anche il collegamento Sagron - Mis.
Moltissimi danni subì anche la ferrovia della Valsugana: il ponte di Strigno fu asportato dalla piena.
Di seguito un interessante estratto dal numero 9-10 de "Il Trento" del 1966:
“L’alveo del torrente è tre, cinque volte più largo e case, strade e ponti sono saltati, come fuscelli. L’alveo del Cismon, invece, è largo in un punto 170 metri: ha eroso tonnellate di terra e di sassi, ha annientato le campagne, ha portato via le segherie sul fondovalle, i masi, i depositi del fieno; poi c’è l’incubo delle frane, che piovono dappertutto ed isolano i piccoli centri di Zortea, Prade, Valline...” “ Ai Masi di Imer circa cinquanta case erano sommerse dal fango che arrivava ad un’altezza di tre metri; a Imer tre case erano state abbattute, e stessa sorte era toccata a parecchi masi, fienili e casolari sui costoni della montagna; a Mezzano il conoide di fango aumentava di ora in ora il pericolo e i danni, mentre gli abitanti stavano trascorrendo ore di incubo, nel tentativo di porsi in salvo e di recuperare qualche suppellettile; a Siror la massa d’acqua aveva raso al suolo due case, alcune decine di autovetture erano state travolte; a Tonadico le case abbattute ammontavano ad otto, quelle danneggiate seriamente una ventina, la centrale elettrica era sommersa da ghiaia e sassi; a Pieve, fiumi di sassi, piante e ghiaia avevano invaso negozi e locali pubblici, entrando nella vecchia chiesa, a Fiera un albergo era stato sbrecciato, decine e decine di capi di bestiame affogati”.
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