A parlarne oggi nella sede del Gruppo consiliare del Partito democratico del Trentino sono stati i consiglieri Luca Zeni, Giorgio Tonini e Sara Ferrari (capogruppo). Oggetto dell’incontro con la stampa è stato il disappunto dei consiglieri Dem “ormai insostenibile” da tempo per la mancanza di rispetto dei diritti dei componenti dell’assemblea legislativa ad avere risposta certa ed entro i termini stabili per legge alle loro richieste di accesso agli atti, ma anche alle interrogazioni.
Il sistema istituzionale, nello Stato di diritto, si fonda su regole di funzionamento definite per garantire il rispetto di principi e valori quali il bilanciamento tra poteri e la trasparenza dell’attività politico amministrativa.
In particolare, nel nostro ordinamento, è disciplinato il diritto di informazione dei consiglieri provinciali, una sorta di diritto di accesso generale e potenziato rispetto a quello ordinario. Tale prerogativa trova fondamento sia, in generale, nella normativa statale, sia, puntualmente, nella legge provinciale n. 23 del 30 novembre 1992 e nell’articolo 147 del Regolamento interno del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento.
Nello specifico, il Regolamento del Consiglio prevede che i consiglieri hanno diritto ad ottenere “tempestivamente” (quindi in un tempo inferiore ai 30 giorni previsti per il diritto di accesso ordinario) le informazioni utili all’esercizio del loro mandato.
Qualora sia eccepita l’esistenza di segreto d’ufficio o obbligo di riservatezza (nei casi previsti dalla legge), il consigliere può comunque prendere visione degli atti, con il dovere di rispettare segreto o riservatezza.
I consiglieri del gruppo del Partito Democratico del Trentino, dall’inizio della legislatura, hanno esercitato la facoltà prevista dall’articolo 147 del Regolamento con richieste presentate:
- 1 volta alla Presidenza del Consiglio Regionale
- 5 volte alla Presidenza del Consiglio Provinciale
In questi casi, al di là di una discussione rispetto alla richiesta di estrarre copia anziché visionare i documenti, le risposte sono avvenute secondo le modalità previste dal Regolamento.
Si sono verificati invece problemi sistematici nelle richieste presentate alla Giunta provinciale.
Infatti su 39 richieste complessive:
- 5 hanno ricevuto risposta entro 10 giorni;
- 2 hanno ricevuto risposta tra 10 e 30 giorni;
- 5 hanno ricevuto risposta tra 30 e 60 giorni;
- 7 hanno ricevuto risposto tra 90 e 194 giorni;
- 16 non hanno ricevuto alcuna risposta;
- 2 hanno ricevuto un diniego.
Quindi soltanto 7 richieste su 39 hanno visto rispettare i termini generali previsti per ogni accesso agli atti; in 12 hanno ricevuto risposta con tempistiche superiori a quelle previste dalla legge; per 16 volte la Provincia non si è nemmeno presa il disturbo di rispondere al consigliere richiedente.
Peraltro in numerosissime occasioni, in calce alla risposta dell’amministrazione, viene riportata, quasi fosse una formula di rito, il dovere di rispettare l’obbligo di riservatezza.
In realtà segretezza e riservatezza, sulla documentazione della pubblica amministrazioni, possono essere rilevate soltanto nei casi previsti dalle legge, poiché la regola generale è quella della pubblicità degli stessi.
Con altrettanta frequenza, l’amministrazione invita il consigliere a fissare un appuntamento per prendere visione degli atti, anziché riconoscerne la facoltà di estrarre copia.
Entrambe le abitudini – indicare un obbligo di riservatezza e non consentire l’estrazione di copia – se non supportate da specifiche motivazioni previste dalla legge, rappresentano un evidente atteggiamento dilatorio ed ostruzionistico nei confronti dell’attività dei consiglieri provinciali.
La situazione, ormai insostenibile, nonostante le frequenti segnalazioni al Presidente della giunta provinciale, ha imposto un cambio di livello, a tutela dei diritti dei componenti dell’assemblea legislativa dell’autonomia e delle istituzioni.
Per questo motivo è stato notificato alla Provincia autonoma di Trento un ricorso al Tar, contro il diniego rispetto alla richiesta di avere copia (o di poter prendere visione) della documentazione relativa all’indagine interna disposta dall’APSS rispetto alla situazione del reparto di ginecologia.
Una scelta, quella del ricorso, che è stata l’extrema ratio di fronte all’atteggiamento sistematicamente ostruzionistico dell’amministrazione provinciale. L’auspicio è che questo possa essere di sprone per la giunta provinciale ad adottare maggiore trasparenza rispetto al proprio operato, nel rispetto della legge e delle istituzioni, al fine di evitare che il ricorso alla giustizia amministrativa debba diventare una prassi.
Un esempio su tutti lo ha dato il consigliere Luca Zeni: “Quando abbiamo evidenziato nel corso del tempo questo problema la Giunta non si scompone: l’estate scorsa abbiamo chiesto documentazione sull’ospedale di Cavalese per la nuova proposta in project financing ma la richiesta non ha avuto risposta. Ho sollevato allora la questione in aula. Il Presidente Fugatti ha affermato che c’era una procedura aperta e che quindi non era opportuno dare accesso alla documentazione. Invece tutt’altro: quella documentazione era inequivocabile e noi avevamo diritto a farla , anche in base a ciò che il Consiglio di Stato afferma si debba fare prima di indire gare per appalti pubblici”.
Per Giorgio Tonini la responsabilità principale di questo stato di cose ricade sul Presidente del Consiglio provinciale Walter Kaswalder, che pur facendo parte della maggioranza, dovrebbe fare il suo mestiere di garante super partes di tutti i componenti dell’assemblea legislativa, come prevede il Regolamento interno del Consiglio e facendo così, invece, fornisce continuamente appigli per critiche.
Sara Ferrari su questo punto ha aggiunto che la mancanza di rispetto istituzionale si è vista anche in occasione della seduta di ieri della I Commissione. “Anche i presidenti delle Commissioni devono essere super partes e la richiesta che le minoranze ieri hanno rivolto al presidente Kaswalder è stata proprio quella di tutelarci da un atteggiamento inopportuno della presidente Masè che dirigeva i lavori su un testo di legge proposto da lei, ma su cui, allo stesso tempo, decideva dell’ammissibilità o meno agli emendamenti. Insomma abbiamo voluto essere mallevati da un forte imbarazzo istituzionale”.
Ufficio stampa PD del Trentino
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