La decisione di autorizzare un impianto sperimentale per il trattamento dei rifiuti solidi urbani (non pericolosi) situato nel comune di Pergine Valsugana ha suscitato dubbi e perplessità negli amministratori locali, anche se, alla fine, il Consiglio comunale ha espresso un parere favorevole non unanime.
Si tratta di un piccolo impianto che usa la tecnologia a “syngas”, che al massimo può “bruciare” 5 tonnellate di rifiuti a settimane (la ditta richiedente ha dichiarato che in realtà brucerà solo 3 tonn./settimana, in 3 giorni).
In un impianto a syngas i rifiuti non vengono bruciati (come negli inceneritori tradizionali), ma riscaldati ad alte temperature, oltre 800 gradi Celsius, in assenza di ossigeno (che esclude quindi la combustione): ciò che brucia è il syngas prodotto, utilizzato sia per fornire calore al processo di trattamento e, in parte minima, recuperato come combustibile.
Benché l’impianto sia definito pomposamente “sperimentale”, da sperimentare c’è ben poco perché il trattamento dei rifiuti per recuperare il syngas è una tecnologia nota da molti anni; se ne era discusso, vent’anni fa anche in Provincia di Trento, come alternativa all’inceneritore, ma fu accantonata. Va evidenziato che gran parte delle forze politiche erano contrarie alla scelta del trattamento termico dei rifiuti, in primis la Lega nord che oggi governa, ma all’epoca era all’opposizione.
La vera sperimentazione dell’impianto riguarda la valutazione delle diverse matrici di rifiuti immessi. Questo probabilmente spiega la piccola dimensione dell’impianto che, anche se fosse usato al massimo delle potenzialità, potrebbe trattare non più di 1800 tonn./anno. E’ anche possibile che piccoli impianti possano trovare impiego in certe tipologie di aziende, ma occorre tener presente che il migliore syngas si ricava dal trattamento degli scarti di lavorazione del legno, pellets, ecc.
Tuttavia va chiarito che anche questa tecnologia non è esente da emissioni. Dal camino escono Acido cloridrico, Anidride solforosa, Ossido di Azoto, Monossido di Carbonio, Carbonio organico, Diossine e Furani, Mercurio, Cadmio, Acido fluoridrico e Metalli pesanti. Nel caso di cui si discute in quantità inferiori ai limiti di legge, ma questo probabilmente dipende solo dalla dimensione dell’impianto.
La ragione per la quale l’impianto si fa a Pergine è perché lì è stato rinvenuto un capannone (320 mq).
Se questa tecnologia, già accantonata in passato, dovesse essere proposta per il futuro, o con un unico impianto o con piccoli impianti distribuiti sul territorio ci sarà modo di discutere nei prossimi mesi in modo più approfondito, quello che è evidente già ora è che il trattamento termico dei rifiuti – sia che si brucino o si estragga il syngas – non è esente da emissioni pericolose. Ci vorranno comunque anni e nel frattempo le discariche si stanno esaurendo. E’ evidente che la scelta per l’immediato (ed anche per il futuro) non potrà prescindere dal miglioramento/potenziamento della raccolta differenziata e della riduzione dei rifiuti e del riciclo/riuso.
Ma, per ritornare all’impianto “sperimentale” che si vuole realizzare a Pergine emergono due criticità che a me sembrano essere state sottovalutate dalla Conferenza dei Servizi che alla fine ha dato parere favorevole con minime prescrizioni. La prima è che, poche o tante che siano le emissioni, esse contribuiranno a peggiorare la qualità dell’aria (e poi del suolo, visto che una parte delle emissioni è destinata a cadere a terra nelle aree circostanti l’impianto) nel perginese, area oggi relativamente pulita (a parte l’inquinamento da traffico e, nel periodo invernale, dalla combustione di gas e legna per il riscaldamento delle abitazioni).
La seconda – per me ancora più preoccupante – è che nelle vicinanze dell’impianto sono situati un asilo e una scuola materna. Tale circostanza non sembra essere stata valutata adeguatamente, perché il dirigente del Servizio urbanistica si è preoccupato della compatibilità formale fra PRG e impianto, mentre il Dirigente del servizio sanità si è limitato ad accertare che i limiti di legge per le emissioni siano rispettati. Nessuno mi sembra abbia preso in considerazione questo aspetto che è invece molto importante perché le persone esposte sono bambini. Non a caso, per altre tipologie di emissioni, come le onde elettromagnetiche, ad esempio, i limiti generalmente ammessi sono ridotti in prossimità di scuole o luoghi ove vivono persone anziane o ammalate (ricoveri, case di cura, ecc.).
In considerazione del fatto che la sperimentazione che si intende attuare è irrilevante per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani prodotti in Trentino (a meno che non si pensi a distribuire sul territorio decine di piccoli impianti come quello di cui si discute – ma su cui, per ora, non vi è stata nessuna discussione pubblica), tenuto conto anche del fatto che non vi saranno apprezzabili ricadute sul piano occupazionale (l’esperimento si concluderà entro due anni),
interrogo il Presidente della Provincia di Trento per sapere:
a. se sono previsti finanziamenti da parte della Provincia per la realizzazione di questo impianto;
b. se la società privata che realizzerà l’impianto sia ritenuta in grado di risarcire eventuali danni in caso di incidenti che in ogni processo industriale possono verificarsi;
c. se non ritenga del tutto inutile, per eventuali ricadute positive per il territorio trentino, la realizzazione dell’impianto;
d. se, considerato che la Lega nord è sempre stata contraria alla realizzazione di impianti per il trattamento termico dei rifiuti (non vi è grande differenza fra un inceneritore e un trattamento a pirolisi, almeno per quanto riguarda le emissioni) abbia mutato orientamento e pensi di andare verso soluzioni “tecnologiche” non molto dissimili da quelle a suo tempo scartate.
Cons. Lucia Coppola
consigliera provinciale/regionale
Gruppo Misto/Europa Verde
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