Alcuni membri di maggioranza e minoranza mi hanno chiesto cosa io abbia fatto per la situazione in ginecologia e ostetricia al Santa Chiara. Ebbene, il mio impegno su quanto avveniva all’interno di quell’unità operativa non nasce in seguito alla scomparsa della Dottoressa Pedri, ma molto prima. Già nel 2019 avevo raccolto dati preoccupanti sui turni di lavoro in quel reparto (basati su uno studio documentale su 800 pagine ed oltre 20mila report dell’Apss), informando la IV Commissione, l’Apss e l’Assessorato delle criticità emerse. Il Consigliere Zeni mi critica per non aver portato dati oggettivi, ma le mie fonti avevano chiesto riservatezza per il timore di ripercussioni negative sul luogo di lavoro, e la loro volontà di mantenere l’anonimato era dunque da garantire. Il mio obiettivo era quello di accendere i riflettori su un contesto che presentava preoccupanti problematiche e su cui era dunque compito delle istituzioni avviare una seria indagine. Il mio appello si andava inoltre a sommare a quello di tanti professionisti che negli ultimi anni avevano segnalato criticità in quell’unità operativa; segnalazioni che erano state puntualmente accantonate.
La domanda dunque non è cosa abbia fatto io, ma cosa sia stato fatto da chi negli ultimi 10 anni, nonostante le ripetute segnalazioni, ha costantemente evitato di valutare con serietà la situazione, nascondendo la polvere sotto al tappeto. Ora i vertici dell’Apss auspicano che “i panni sporchi siano lavati in casa”, ma vedendo cosa – non - si è fatto in passato, è necessario che la situazione vada valutata da un ente terzo e dalla magistratura, affinché tutti i nodi vengano al pettine.
Ciò che emerge è un vulnus alla nostra autonomia e alla nostra sanità, decantate spesso come eccellenze ma che risultano fortemente svilite in seguito a questa vicenda. È doveroso dunque ripartire da determinati elementi cardine:
- l’importanza delle relazioni umane sul lavoro;
- la definizione di criteri di valutazione dei dirigenti focalizzati su produttività ed efficienza ma anche sulle capacità relazionali e manageriali che purtroppo possono essere carenti anche nei migliori professionisti;
- la necessità di ripensare gli strumenti di prevenzione e contrasto al mobbing che hanno evidenziato forti lacune.
Mi hanno criticato poiché, in quanto membro della maggioranza provinciale, non dovrei essere critico con l’azione di governo. Si tratta però di un atto di coerenza: anche quando ero in opposizione non ho mai mancato di evidenziare e combattere ciò che ritenevo sbagliato. La situazione problematica nel reparto di ginecologia e ostetricia non nasce certamente in questa legislatura, ma essere nella coalizione del cambiamento non significa sminuire ciò che la mia coscienza mi impone di denunciare, ieri come oggi. Far parte di una squadra non vuol dire mettere a tacere il proprio senso critico, ma dialogare e operare in sinergia per far fronte alle problematiche, non per nasconderle o accantonarle nella speranza che si risolvano da sole.
Cons. Claudio Cia
Presidente del Gruppo Consiliare Fratelli d’Italia
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