La diffusione della mutazione Delta del virus SarsCoV2, fino al 60% più aggressiva della variante Alfa, desta preoccupazione. In Russia vi è un record di decessi da inizio pandemia, Sidney sarà in lockdown per due settimane, nelle scuole del Regno Unito i contagi sono saliti del 70% costringendo di fatto il Governo a posticipare la rimozione di misure restrittive. Questo per citare solo alcuni casi che evidenziano la virulenza della variante Delta. Bisogna perciò fare il possibile per limitare la diffusione di questa mutazione in Trentino e ciò può avvenire solo in due modi: completare il ciclo vaccinale al più presto (il caso inglese dimostra la bassa efficacia della prima somministrazione del siero contro Delta) e sequenziare i tamponi positivi per monitorare la circolazione del virus, evitando l’insorgere di nuovi focolai. L’Europa richiede il sequenziamento del 5% dei tamponi, ma la percentuale italiana si ferma all’1,3% ed il Trentino solo allo 0,72% - contro il 5,75 del vicino Alto Adige - (dati aggiornati al 6 giugno 2021).
Durante il question time in Consiglio provinciale ho dunque interrogato la Giunta per conoscere gli sviluppi su tracciamento e controllo della variante Delta. Purtroppo, dai dati forniti dall’APSS non risulta chiaro se vi sia stato un aumento della percentuale di campioni analizzati. Auspico fortemente che ciò avvenga al più presto, possibilmente anche grazie a nuovi tamponi che saranno disponibili a breve su scala nazionale in grado di sequenziare le mutazioni del virus in quegli individui positivi che presentano carica virale più bassa, ovvero gli asintomatici (il vero grande problema dell’analisi genomica allo stato attuale). Inoltre il “modello inglese”, ritenuto inizialmente virtuoso e tendenzialmente copiato anche in Trentino, ha messo in luce i limiti legati alla grande distanza fra la somministrazione della prima e della seconda dose, oltre alla scarsa efficacia di certi vaccini nel contrastare le varanti. In Trentino risulta non vaccinato il 50,8% della popolazione, secondo peggior dato su scala nazionale, mentre siamo ultimi per vaccinati con la prima dose (18,2%). A detta dei vertici della sanità provinciale questi sono dati che “non preoccupano”; ritengo invece che essi siano campanelli d’allarme da non sottovalutare viste le criticità che la mutazione Delta sta determinando in altre parti del mondo. Mi auguro fortemente che tali segnali siano debitamente considerati per il bene del nostro territorio che sta cercando di rialzare la testa dopo le difficoltà legate alla fase più acuta dell’emergenza pandemica. Per famiglie, imprese, lavoratori e persone fragili non possiamo assolutamente permetterci di ritornare alle restrizioni di qualche mese fa.
Cons. Alessia Ambrosi
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