Quella che si è chiusa è stata una settimana di ordinario razzismo. Abbiamo letto di denunce e lettere di persone di origine straniera che in Italia e in Trentino hanno subito e subiscono quotidianamente atti di discriminazione e violenza razziale.
Sara Arrigoni Qasmi Zouane, studentessa trentina, ha denunciato alla questura di Trento una perquisizione subita in Motorizzazione dopo il suo esame per la patente. Una agente delle forze dell’ordine l’ha fatta denudare completamente per cercare prove di brogli attraverso dispositivi elettronici. Il tutto avvenuto con modi e toni del tutto irrispettosi - che hanno fatto immediatamente pensare all’interessata a un atteggiamento razzista e islamofobico - in un luogo non idoneo e senza il rilascio di un verbale di perquisizione.
Said Visin ex giovane promessa di una squadra di calcio di Milano, suicidatosi nei giorni scorsi, aveva scritto tempo addietro una lettera alla propria psicoterapeuta e agli amici nella quale descriveva la quotidiana sensazione di inadeguatezza e dolore per commenti, sguardi e atteggiamenti riferiti al colore della sua pelle.
Nelson Yantu Maffo, medico fiscale di Chioggia che ha subito violenza verbale e fisica durante il suo lavoro: la sua storia è stata pubblicata dalla moglie sui social.
Ma sappiamo bene che di Sara, Said e Nelson ce ne sono a migliaia, ogni giorno, nel nostro Paese. Episodi di violenza razziale e contro di essa ci vuole una forte azione di contrasto, in termini repressiva, ma soprattutto a livello culturale per il riconoscimento dell’altro e del valore della diversità.
Per questo è inutile e francamente ipocrita la solidarietà di chi, attraverso la propria comunicazione, ma soprattutto le azioni politiche, continua ad alimentare l’odio, ritenendo che esistano persone di serie A e persone di serie B.
La cultura dell’inclusione passa dall’educazione e dall’esempio, passa attraverso politiche di riconoscimento della cittadinanza, passa attraverso leggi che permettano a tutte le persone che vivono, studiano e lavorano in questo Paese di usufruire degli stessi servizi e di avere gli stessi diritti.
Politiche decise dalla Lega nostrana che prevedono come criterio per accedere agli assegni familiari e ad altri servizi dieci anni di residenza, rappresentano una forma di razzismo istituzionale che non fa altro che alimentare la cultura dell’odio verso chi viene da un territorio diverso dal nostro. La discriminazione istituzionale è la forma peggiore di razzismo, perché alle istituzioni spetterebbe il compito di dare l’esempio nella direzione dei principi costituzionali di uguaglianza, giustizia e solidarietà.
Ecco perché - mentre Futura coglie ogni occasione per tentare di modificare quelle normative ingiuste - cogliamo con favore e invitiamo tutte e tutti a firmare l’appello dei sindacati e delle Acli che chiede di modificare una norma iniqua e ingiusta che prevede aiuti per i figli delle sole famiglie che risiedono da dieci anni in Trentino, a differenza dell’assegno unico nazionale, che prevede la residenza di due anni. Gli aiuti servono alle persone e alle famiglie che ne hanno bisogno, indipendentemente dalla nazionalità dei genitori. La risposta ad una difficoltà economica non si può tradurre in un ulteriore atto discriminatorio.
Per evitare che ci siano altre storie come quelle di Sara, Said e Nelson, cominciamo dai bambini e dalle bambine che devono avere tutti - nessuno escluso - gli stessi diritti.
Paolo Zanella
Gruppo consiliare FUTURA
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