Uno studio coordinato dall’Università di Trento ha analizzato la correlazione tra i movimenti oculari e l’attività cerebrale a riposo. I risultati, pubblicati sulla rivista Network Neuroscience, danno una chiave per decodificare i dati della risonanza magnetica in modo diverso e aprono nuove prospettive per diagnosticare eventuali disturbi.
Gli occhi sono sempre in movimento, anche quando sembrano a riposo, e possono rivelare molte informazioni sul dinamismo del cervello. Per questo da anni sono un oggetto di indagine sul quale si concentrano le neuroscienze per misurare l’attività cognitiva. Si inserisce in questo ambito di ricerca uno studio pubblicato sulla rivista Network Neuroscience, che vede tra gli autori Uri Hasson e Giuseppe Notaro, docenti del Centro interdipartimentale Mente/Cervello di UniTrento, con Cemal Koba, laureato magistrale in Scienze cognitive all’Ateneo di Trento.
Se da tempo si è dimostrata la correlazione tra i movimenti oculari e lesioni cerebrali e varie forme di autismo e di schizofrenia, ora il lavoro di Hasson e Notaro dell’Università di Trento nell’ambito di una collaborazione scientifica internazionale approfondisce il legame con la connettività neuronale e apre prospettive future per meglio interpretare i dati della risonanza magnetica e per diagnosticare eventuali disturbi in fase precoce.
«Nel nostro studio sperimentale abbiamo tracciato il movimento oculare di persone che fissavano il centro di uno schermo con minimi spostamenti dello sguardo» raccontano.
Riprendono: «Dall’analisi delle loro risonanze magnetiche, abbiamo trovato che i piccoli movimenti oculari spontanei erano associati a parametri dell’attività del cervello delle aree deputate alla vista e al movimento e che causavano gradi diversi di connettività e di capacità di coordinamento tra le aree interessate».
Il contributo dello studio pubblicato sulla rivista Network Neuroscience – spiegano Uri Hasson e Giuseppe Notaro - consiste nell’aver individuato una chiave per decodificare i dati della risonanza magnetica in modo diverso.
E sulle prospettive che si aprono in futuro, citano la ricerca applicata alle diagnosi precoci di malattie neurodegenerative come le demenze. «Ricerche che - dicono - richiederebbero una continuità di lavoro per i prossimi 3-5 anni».
L’articolo
L’articolo, dal titolo “Spontaneous eye-movements during eyes-open rest reduce resting-state-network modularity by increasing visual-sensorimotor connectivity”, è stato scritto da: Uri Hasson, Corresponding Author, e Giuseppe Notaro (Centro interdipartimentale Mente/Cervello, Università di Trento) con Cemal Koba, primo autore, (IMT School for Advanced Studies, Lucca), Sandra Tamm e Gustav Nilsonne (Department of Clinical Neuroscience, Karolinska Institutet, Sweden).
Pubblicato il 9 febbraio 2021 sulla rivista “Network Neuroscience”, è disponibile in Open Access.
(https://doi.org/10.1162/netn_a_00186)
(e.b.) Ufficio stampa Università di Trento
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