Un team di fisici teorici dell’Università di Trento ha mostrato come sia possibile utilizzarli per simulare processi di grande rilevanza biologica, come i cambiamenti di forma delle proteine. Lo studio, pubblicato sulla rivista accademica internazionale Physical Review Letters, può aprire la strada per l’uso delle tecnologie quantistiche nelle scienze biomediche e farmacologiche.
Il corpo umano è come un cantiere aperto, nel quale sono contemporaneamente all’opera centinaia di migliaia di diverse nanomacchine molecolari chiamate proteine. Ciascuna di queste biomolecole, che sono catene di amminoacidi alla base dell’organismo vivente, svolge una diversa funzione biologica, spesso in sinergia con altre proteine. Durante la loro formazione (processo di ripiegamento) o durante l’espletazione delle funzioni biologiche, le proteine modificano in maniera molto specifica la loro forma. In molti casi è possibile effettuare esperimenti che forniscono delle vere e proprie “fotografie” delle proteine con un livello di dettaglio atomico, ma solo quando queste si trovano nella forma stabile e biologicamente attiva. I processi dinamici legati ai cambiamenti di forma sono in buona parte ancora ignoti. Comprendere questi meccanismi e prevedere il comportamento delle proteine è un passaggio fondamentale, ad esempio, per sviluppare cure mediche avanzate per vecchie e nuove malattie, da quelle più studiate (come cancro e malattie degenerative) a quelle emergenti (Covid-19), fino alle malattie rare.
Negli ultimi decenni sono stati fatti enormi passi avanti nello studio dei processi che coinvolgono i cambiamenti strutturali di proteine, facendo ricorso a simulazioni al calcolatore. Ora, i computer quantistici, sono uno strumento potente per svolgere osservazioni ancora più precise e complete, come appare evidente dallo studio di un gruppo di fisici dell’Università di Trento uscito su Physical Review Letters, una tra le più prestigiose riviste di fisica, pubblicata dal 1958 dalla American Physical Society.
«Per la prima volta, mostriamo come i computer quantistici possono essere utilizzati per comprendere con livello di dettaglio atomistico il funzionamento delle biomolecole» spiega Pietro Faccioli, autore dell’articolo scientifico assieme al collega Philipp Hauke e allo studente Giovanni Mattiotti. I ricercatori del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento in questo modo hanno sviluppato un metodo di calcolo per i cambiamenti di forma e di traiettoria delle proteine. Una svolta che ha implicazioni per la biologia molecolare, la farmacologia e le nanotecnologie.
I campi di applicazione non mancano. Individuare, ad esempio, i meccanismi di alcune proteine responsabili di processi neurodegenerativi può aiutare ad arginarne la proliferazione. Comprendere in che modo una proteina assume una determinata forma può aprire spiragli per utilizzare le nanomacchine già predisposte dalla natura per tagliare, correggere, bloccare geni difettosi o danneggiati.
«Il nostro contributo è stato riformulare il problema matematico alla base delle predizioni dei cambiamenti di struttura come un problema di ottimizzazione» sottolinea Pietro Faccioli. «I computer quantistici sono particolarmente indicati per risolvere i problemi di ottimizzazione perché sfruttano un affascinante fenomeno noto come delocalizzazione quantistica, che compare solo nel mondo microscopico» aggiunge Philipp Hauke.
L’articolo
L’articolo, dal titolo “Dominant Reaction Pathways by Quantum Computing”, è stato scritto per la rivista scientifica “Physical Review Letters” da Giovanni Mattiotti, Philipp Hauke e Pietro Faccioli dell’Università di Trento. Giovanni Mattiotti è ora studente di dottorato al Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento, mentre gli altri due autori sono professori associati della stessa struttura. Philipp Hauke afferisce anche a INO-CNR BEC Center, mentre Pietro Faccioli afferisce anche a INFN-TIFPA.
Pubblicato online ieri, 14 gennaio, (e oggi nel Vol. 126, No. 2), l’articolo è disponibile su: https://journals.aps.org/prl/abstract/10.1103/PhysRevLett.126.028104
(DOI: https://doi.org/10.1103/PhysRevLett.126.028104)
(e.b.) Ufficio stampa Università di Trento
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