Leggendo alcuni degli interventi apparsi negli scorsi giorni sui giornali in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne non si può fare a meno di notare come molti di essi siano purtroppo impregnati di ideologia, fatto che nuoce sicuramente alla trattazione del tema e che non permette di focalizzare il dibattito su quello che è l’oggetto della giornata, ovverosia le violenze psicofisiche compiute contro le donne da un partner oppure da un diverso soggetto (amici, conoscenti, estranei, membri della famiglia ecc.). È successo così che fra i dati delle denunce di violenze e le testimonianze di donne riuscite a sfuggire all’orrore si siano infiltrati degli interventi – interessanti, ma fuori luogo – che suggerivano la necessità di imporre come obbligo morale un cambio nella lingua italiana introducendo corrispettivi femminili ai nomi, ritenuti solamente maschili oppure che suggerivano la necessità di “correggere” le religioni, in particolare quella cattolica, accusate di trasmettere “indizi di una società androcentrica a partire dalla religione stessa”. Credo sia lampante come, all'interno della Chiesa e delle Sacre Scritture, vi sia una linfa che valorizza la figura della donna, cosa che invece è estranea all'ideologia e alla politica che non di rado nella storia hanno finito per piegare ai propri interessi lo stesso sentimento religioso. Tale linfa è come lo Spirito di Dio, che entra come aria fresca nei polmoni di tutti, anche di chi è dimentico della sua lezione e sceglie perciò di trovare un’altra divinità nell’ideologia.
Non occorre infatti darsi molto da fare, per rinvenire già nella Genesi episodi del riconoscimento e della valorizzazione della donna: creata sì partendo dalla costola tolta all'uomo, ma ad immagine e somiglianza di Dio. Anche il fatto che la creazione della donna parta da una costola è significativa: essa è posta a fianco dell'uomo, perché nessuno debba essere posto davanti o dietro, prima o dopo. Tuttavia è evidente come il vero cambio di paradigma avvenga nel Nuovo Testamento con la venuta del Cristo, che è sì Figlio di Dio, ma che viene portato alla vita dal ventre di una donna vergine, che così facendo diventa Arca dell'Alleanza, ovvero simbolo visibile della presenza divina sulla Terra. Non è poi da dimenticare il ruolo che Gesù conferisce a Maria, quando sulla Croce – con un gesto del tutto umano del Redentore che sta per morire – affidandola alle premure del discepolo amato, allo stesso tempo le affida il ruolo di madre dello stesso discepolo, in quel momento rappresentante di tutto il popolo cristiano. Non si capisce poi come sia possibile scordare il nuovo ruolo svolto dalla donna, prima testimone della Resurrezione del Cristo presso il Sepolcro vuoto (non bisogna dimenticare che per la cultura ebraica di allora la testimonianza resa da una donna era ritenuta non valida). E si potrebbe continuare all'infinito, ricordando l'Apocalisse che parla del segno grandioso della donna che appare nel cielo coinvolgendo l'intera Chiesa che con dolori deve continuamente generare il Cristo, ma non è questo il momento.
Quello che mi preme sottolineare è come un approccio non ideologico/politico gioverebbe sicuramente maggiormente alla trattazione dei problemi relativi alla violenza sulle donne esercitati in nome o in assenza di una religione. Perché non indagare, nella nostra società secolarizzata e senza valori, l'uso materialistico che la pubblicità, la pornografia e certa politica (non si dimentichino barbare pratiche come la surrogazione di maternità, il c.d. “utero in affitto”) fa del corpo di donna? Perché non soffermarsi sul grande problema dei matrimoni combinati, delle spose bambine, dei rituali di infibulazione che ancora oggi si praticano come “passaggio verso l'età adulta” in alcune società?
Cons. Claudio Cia
Assessore Regionale
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