Il futuro è nella periferia? Se saprà attrarre capitale umano e fare massa critica, perché da soli non si va da nessuna parte.
A dirlo Alessandra Faggian, professoressa ordinaria direttrice dell’Area di Scienze Sociali e prorettrice presso il Gran Sasso Science Institute a L’Aquila, protagonista del terzo incontro del ciclo “Una certa idea di futuro”, promosso da Confindustria Trento in collaborazione con l’Università di Trento.
Dopo aver passato gran parte della sua carriera academica all’estero occupandosi di sviluppo regionale e sempre nell’ottica del capitale umano, Faggian è rientrata in Italia e si è stabilita a L’Aquila, dove ha deciso di occuparsi di periferie: “La resilienza – ha spiegato – è un concetto abusato e usato in maniera spesso scorretta. In economia è centrale perché legato a una crisi, a uno shock, al quale si reagisce non per tornare al punto di prima, ma per trasformarsi e andare oltre. È l’insieme di due diverse fasi: quella della resistenza, che si riferisce a quanto un sistema riesce a sopportare uno shock, e quella della ripresa, che inizia quando si pensa alla ristrutturazione e al rinnovo”.
Faggian si occupa della resilienza delle aree periferiche, delle cosiddette “aree interne, che in Italia non sono un fenomeno residuale, poiché interessano il 60% del territorio nazionale, il 53% dei comuni, il 23% della popolazione. E che in Trentino coincidono per larga parte con le aree montane”. Su quali asset si sviluppa la resilienza delle aree interne? Sull’adeguamento dell’offerta dei servizi essenziali e su progetti di sviluppo locale, declinati su aree specifiche di intervento. E il Covid? Offre opportunità per le aree periferiche? “E’ uno shock che ha reso possibile una prima decentralizzazione della funzione lavoro: ora la strategia del telelavoro entra nelle azioni di sviluppo delle aree interne. Assistiamo a una vera e propria corsa alla place branding: è il caso di operazioni come lo smart working village”. Attenzione però: se le aree periferiche sono competitive sul fronte della qualità della vita, devono fare i conti anche con delle importanti criticità, a partire dal divario digitale.
E proprio il divario digitale è tra le aree di miglioramento di un territorio periferico come il Trentino, ha evidenziato Fausto Manzana, presidente di Confindustria Trento: “A mio avviso – ha detto lui – una periferia è più resiliente di un agglomerato urbano, perché deve gestire una minore complessità. Lo vediamo con il Covid, acceleratore dei processi in corso. In Trentino possiamo fare affidamento sul nostro territorio e sulle nostre intelligenze. Occorrono progetti di qualità, economicamente sostenibili e che sappiano migliorare il patrimonio, a partire dall’ambiente”.
Nel corso dell’incontro, moderato a palazzo Stella da Alessandro Garofalo e diffuso in modalità streaming, è intervenuto anche l’assessore provinciale agli enti locali e ai rapporti con il Consiglio provinciale Mattia Gottardi: “Siamo un territorio policentrico – ha dichiarato – e siamo abituati ad autogovernarci. Il mondo è cambiato, sono cambiati i rapporti tra territori e politica. Abbiamo trasformato la burocrazia da strumento a palla al piede: credo si debba passare da un modello ingegneristico a un modello econometrico, per consentire a chi fa impresa, e sappiamo quanto sia faticoso, che ci siano le condizioni per continuare a farlo, per mantenere le persone sul territorio e per importare intelligenze”.
Tra gli intervenuti anche Riccardo Felicetti, Pastificio Felicetti, e Mirco Pellegrini, Novurania, testimoni di esperienze di glocalismo, e il prorettore al supporto al sistema produttivo dell’Università degli Studi di Trento Flavio Deflorian. Infine un cammeo di Federico Casalegno, Associate Professor of the Practice, MIT.
Ufficio stampa Confindustria Trento
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