Il dossier di Legambiente “Che aria tira nelle città”, pubblicato il 20 settembre 2020, classifica le città italiane a maggiore inquinamento dell’aria in riferimento agli inquinanti più significativi: le polveri sottili (PM 10 e PM 2,5) ed il biossido d’azoto (NO2).
Poiché la qualità dell’aria rappresenta il principale fattore di rischio ambientale nelle città (in Italia e nell’intera Europa), i dati riportati da Legambiente non sono stati confrontati con il limite normativo previsto dalla legislazione comunitaria per ciascun inquinante, bensì con i più stringenti e cautelativi limiti suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che rappresenta l’ente più autorevole nella difesa della salute dell’uomo.
Nel nostro paese le città della pianura padana sono, come noto, le più penalizzate per la scadente o pessima qualità dell’aria respirata, ma anche Trento viene classificata in una posizione critica. Secondo una scala di punteggio che va da 0 a 9, alla nostra città viene assegnato da Legambiente un punteggio pari a 1. A Bolzano invece viene attribuito un punteggio di 6, analogamente ad altre città simili per tipologia o per numero di abitanti (Aosta, Belluno e l’Aquila), mentre le città più “pulite” risultano Sassari e Macerata, rispettivamente con i punteggi di 9 e 8.
Detta classificazione è stata redatta analizzando le concentrazioni medie annue dei tre parametri markers dell’inquinamento atmosferico sopra citati, su un arco temporale di 5 anni (dal 2014 al 2018) e confrontandoli con i rispettivi limiti previsti dall’OMS, più restrittivi rispetto a quelli tollerati dalla Comunità Europea [vedi tabella] [European Environment Agency. Air quality in Europe — 2019 report. Luxembourg: Publications Office of the European Union, 2019].
La tabella, riportata dal dossier di Legambiente, mostra il confronto degli standard di qualità dell’aria stabiliti dall’Unione Europea rispetto a quelli proposti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Se si esclude il valore limite del biossido d’azoto (NO2), che è identico per UE e per OMS (40 µg/m³), tutti gli altri parametri differiscono in modo sostanziale, in quanto tutti significativamente più rigidi secondo OMS. In particolare sono più che dimezzati i parametri delle polveri sottili PM10 e PM2,5, che rappresentano il principale indice di riferimento per decretare il blocco della circolazione stradale.
La UE propone valori limite più elevati per motivi contingenti, imposti dalla necessità di non paralizzare sistematicamente il traffico stradale per periodi prolungati in buona parte dei territori metropolitani dell’intera Europa. Ne deriva logicamente una più precaria tutela della salute dei cittadini, con il conseguente dilagare delle patologie correlate con l’inquinamento dell’aria, quali asma e broncopneumopatie croniche, tumori, infarto, ictus, sindrome metabolica, ma anche mortalità da COVID-19 come risulta dalle recenti statistiche, che mostrano come la mortalità maggiore da coronavirus si sia verificata nella pianura padana, dove la qualità dell’aria è notoriamente la peggiore d’Italia [Rapporto del “Ben-Vivere in Italia”. Avvenire, 26 settembre 2020].
Secondo un’ottica più avveduta e lungimirante non dovrebbe confortare il fatto che nella città di Trento, sulla base dei parametri UE, gli sforamenti sono stati infrequenti o rari nel corso dei cinque anni monitorati. Al contrario, come evidenziato dal dossier di Legambiente, ben più numerosi sono stati i giorni di superamento della “soglia di sicurezza” secondo i parametri OMS, ai quali si dovrebbe fare riferimento per organizzare strategie atte a ridurre l’inquinamento dell’aria e quindi a proteggere meglio i cittadini.
Tutto ciò premesso si interroga il presidente della Provincia di Trento e l’assessore competente per sapere:
1. se non ritenga opportuno conferire all’APPA il compito di applicare monitoraggi mirati e più frequenti negli insediamenti urbani maggiormente penalizzati dal traffico (circonvallazione, autostrada, statale del Brennero, ecc), migliorando in tal modo il controllo dell’inquinamento dell’aria nelle aree più critiche del territorio;
2. se non ritenga opportuno confrontare i dati pubblicati da Legambiente nella sua pubblicazione “Che aria tira nella città”, con quelli rilevati dall’APPA, evidenziando così la differenza fra il metodo OMS e quello seguito dalla UE;
3. proporre un piano triennale per la riduzione dell’inquinamento atmosferico nella città di Trento, agendo sui vari fattori responsabili dell’inquinamento (3% produzione energia; 3% riscaldamento non legna; 8% altro; 13% veicoli leggeri, 16% industria; 17% riscaldamento a legna; 19% agricoltura/allevamenti; 21% merci su strada).
Cons. Lucia Coppola
Futura
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