Ansia e incertezza sono oggi il comune denominatore di studenti e famiglie che si interrogano sulla ripresa dell'attività didattica. Come sarà la scuola che ripartirà a settembre? La didattica a distanza si alternerà con quella in presenza? Le ipotesi si rincorrono, ma al momento nessuna risposta certa è arrivata.
In Consiglio provinciale è stata depositata una importante petizione popolare che ha raccolto più di 6 mila firme, che mette al centro il benessere degli studenti all'interno della scuola che deve essere, e rimanere, un luogo di incontro e di scambio di relazioni.
L’ arrivo del Coronavirus nel nostro Paese ha causato la chiusura prolungata delle scuole per motivi di salute pubblica, per la prima volta nella nostra storia.
Una situazione che ha creato disagio soprattutto ai più giovani che si sono visti privare improvvisamente della possibilità di socializzare, di confrontarsi con i propri pari, di andare alla scoperta di quel mondo esterno che a volte fa paura, ma con il quale ci si deve confrontare anche senza lo schermo protettivo degli adulti.
La scuola costituisce un sostegno fondamentale, poiché non è soltanto un luogo di apprendimento, ma anche di protezione sociale, di promozione della salute e di supporto emotivo.
In questi mesi di chiusura forzata delle scuole, studenti e insegnanti si sono inventati un nuovo modo di fare lezione, grazie alla didattica a distanza. Un esperimento riuscito grazie all'impegno di tutti, nonostante le difficoltà di organizzazione e la carenza dei mezzi di supporto informatici in dotazione agli studenti.
Ora si guarda alla riapertura delle scuole a settembre e l'obiettivo primario deve essere quello di garantire, il più possibile, ai nostri studenti la possibilità di una ripresa regolare della scuola, pur con l'osservanza delle giuste precauzioni sanitarie. Si gioca ora una partita importantissima, in quanto salute e istruzione sono due facce della stessa medaglia e, come prevede la nostra Costituzione, diritti inalienabili da tutelare.
Le evidenze scientifiche sembrano concordi nel segnalare il ruolo molto limitato dei bambini nella diffusione del contagio della COVID-19. Un’ informazione di cui è importante tenere conto in vista della riapertura delle scuole.
UPPA, una rivista medica molto diffusa in Italia, scritta da psicologi, pediatri e specialisti dell'infanzia, cita due studi, come esempio: i dati provenienti dalla città italiana di Vo, dove si è effettuato uno screening del 70% della popolazione, mostrano che nessun bambino di età inferiore a 10 anni è risultato positivo al tampone, nonostante un tasso positivo del 2,6% nella popolazione generale. Quasi contemporaneamente è stato pubblicato uno studio simile svolto in Islanda: anche in questo caso non sono state identificate persone COVID-positive di età inferiore ai 10 anni. Questi studi confermano quindi la “riluttanza” dei bambini a infettarsi. Nella stessa direzione vanno i risultati presentati in una Research letter pubblicata su JAMA: gli autori del lavoro concludono che i bambini, oltre ad ammalarsi di meno, si infetterebbero anche di meno e sarebbero meno contagiosi.
Molti studi supportano l’ipotesi che, anche se ci sono bambini asintomatici che frequentano le scuole, è improbabile che diffondano il contagio.
A questo punto appare indispensabile, ora che si discutono le modalità di riapertura della scuola, che le future azioni per il contenimento della pandemia tengano conto anche di queste vaste e rassicuranti evidenze scientifiche.
Sarà necessario ovviamente seguire tutte le precauzioni necessarie come lavarsi accuratamente le mani, vigilare affinché gli alunni con sintomi di malattia non frequentino le lezioni; arieggiare frequentemente le aule e privilegiare la didattica all'aperto o in ambienti spaziosi, utilizzando anche nuove risorse in accordo con il territorio comunale (biblioteche, musei, parchi…).
Ritengo quindi sia fondamentale l’utilizzo degli spazi verdi delle scuole, sempre a piccoli gruppi, fino a quando si potrà farla. Quindi meno lezioni frontali in ambienti chiusi e più sperimentazione usando gli spazi esterni come laboratori, dove molte discipline si possono portare avanti. Certamente le scienze, l'attività motoria, l'educazione all’immagine e la musica, ma anche tutte le altre materie.
Al contempo, sarebbe importante rivedere alcune indicazioni recentemente fornite dal Comitato Tecnico Scientifico riguardo all’uso delle mascherine per i bambini della scuola primaria: tale misura, peraltro molto difficile da mettere in pratica in maniera corretta per tutte le ore di permanenza in classe, sembra sproporzionata rispetto alle evidenze scientifiche.
C'è inoltre un altro tema molto importante da affrontare dal punto di vista educativo, che riguarda tutti e che ha mostrato grandi carenze in questi mesi, per quanto attiene ai BES, i bisogni educativi speciali, o più in generale le fragilità di alunni/e, che purtroppo la scuola a distanza non ha potuto risolvere e che ha comportato un aumento del divario tra chi è avanti e chi rimane indietro per oggettive situazioni personali di malattia, di disagio o di disabilità. O perché non ha alle spalle una famiglia in grado di prendersi cura, anche economicamente, degli strumenti digitali e sanitari necessari ad aiutare i ragazzi e a farli interagire con gli insegnanti.
Tutto ciò premesso interrogo il presidente della Provincia di Trento e l'assessore competente per sapere:
1. quale sia la loro opinione in merito ai quesiti sollevati con la petizione depositata in data 3 giugno in Consiglio Provinciale e alle richieste in essa contenute;
2. se ritengano di privilegiare, in particolare per la scuola primaria e secondaria di primo grado, a partire da settembre una didattica in presenza rispetto a quella a distanza;
3. se reputino importante utilizzare la didattica all'aperto o in ambienti spaziosi, certamente per lo studio delle scienze, per l'attività motoria, l'educazione all’immagine e la musica, ma anche tutte le altre materie, utilizzando anche nuove risorse in accordo con il territorio comunale (biblioteche, musei, parchi…);
4. se non ritengano che l'uso delle mascherine, soprattutto nella scuola primaria, sia una pratica sproporzionata rispetto alle evidenze scientifiche citate in premessa e una preclusione ad un rapporto visivo diretto tra i bambini, tanto importante per la loro crescita relazionale;
5. come intendano affrontare e risolvere i problemi sorti ai portatori di bisogni educativi speciali, o più in generale agli alunni/e che vivono situazioni di fragilità, che purtroppo la scuola a distanza non ha potuto risolvere e che ha comportato un aumento del divario tra chi è avanti e chi rimane indietro per oggettive situazioni personali di malattia, di disagio o di disabilità.
Cons. Lucia Coppola
Futura
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