I dati confermano: il Trentino è tra le regioni italiane che assicurano il più esteso monitoraggio dell’infezione. Un risultato reso possibile dallo sforzo dell’Università di Trento a fianco in queste settimane dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari nell’analisi dei tamponi raccolti per l’identificazione delle persone positive al virus SARS-CoV-2. Visita di ringraziamento oggi pomeriggio del presidente Fugatti e degli assessori Segnana e Spinelli, accompagnati dal direttore Apss Bodon e dal direttore Caciagli nei laboratori dell’Ateneo a Povo. Dalla catena di montaggio per l’analisi a mano dei tamponi fino all’acquisto di attrezzature: i passi fatti dall’Ateneo nel contrasto del Covid-19 a servizio della comunità trentina.
Oltre 30mila tamponi effettuati a partire dal 2 aprile sette giorni su sette. Circa 120 persone tra professori, ricercatori, assegnisti di ricerca, dottorandi e personale amministrativo coinvolti. Risorse proprie dell'Ateneo per un milione di euro, stanziate dal Consiglio di amministrazione, in gran parte per coprire le spese per i materiali impiegati. È uno sforzo importante a servizio della comunità trentina quello sostenuto dall’Università di Trento in queste settimane di emergenza Covid-19, con il coordinamento dell’unità operativa di Microbiologia e Virologia dell’ospedale Santa Chiara. L’Ateneo, grazie al coinvolgimento diretto del personale del Dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata (CIBIO), ha allestito al Polo Ferrari di Povo un vero e proprio laboratorio di emergenza che per oltre 50 giorni ha supportato l’Azienda provinciale per i servizi sanitari nell’analisi dei tamponi effettuati sul territorio provinciale e ha realizzato in casa i reagenti, difficili da trovare sul mercato a causa della forte richiesta. E anche grazie al contributo straordinario dell’Università di Trento e del Laboratorio di Diagnostica molecolare avanzata in varie giornate si è raggiunto il record di tamponi in relazione alla popolazione residente.
Per ringraziare l’Ateneo per l’impegno a favore della sanità trentina la giunta provinciale si è recata oggi in visita ai laboratori dell’Ateneo al Polo Ferrari a Povo. La delegazione, composta dal presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, dagli assessori Achille Spinelli e Stefania Segnana e dalla dirigente Laura Pedron, ha incontrato il rettore Paolo Collini, il direttore del Dipartimento Cibio, Alessandro Quattrone e il virologo Massimo Pizzato. Alla visita era presente anche una rappresentanza dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari con cui l’Ateneo ha lavorato fianco a fianco in queste settimane: il direttore generale Paolo Bordon e il direttore della patologia clinica Patrizio Caciagli.
Oltre all’analisi dei test diagnostici Tra le attività portate avanti dall’Università di Trento con il Dipartimento Cibio in queste settimane, anche la ricerca per il vaccino che entro fine anno potrebbe iniziare la sperimentazione sull'uomo.
«Questa visita della delegazione provinciale è un importante riconoscimento per chi all'interno dell'Ateneo ha lavorato con grande impegno e in modo scrupoloso in questi giorni", ha commentato il rettore Paolo Collini. "Ringraziamo il presidente Fugatti e gli assessori provinciali per la sensibilità di questo gesto di vicinanza e per l'interesse mostrato verso le nostre attività».
«Ci tenevamo molto oggi a venire in università a conoscere le modalità con cui state lavorando a servizio della comunità trentina – ha osservato il presidente Maurizio Fugatti. L'Ateneo si è dimostrato disponibile fin da subito per rispondere a una necessità molto sentita, organizzando bene il lavoro fino a raggiungere risultati importanti nel numero di tamponi, superiori all’obiettivo ambizioso che ci eravamo prefissati all’inizio. Ringraziamo il personale dell'ateneo che ha sostenuto turni impegnativi e lavorato con costanza. Per quanto riguarda l'impegno verso lo sviluppo di un vaccino, che vede coinvolta anche l'università di Trento, possiamo confermare che la Provincia è pronta a fare la sua parte quando sarà il momento. La nostra è una comunità relativamente piccola, ma in questa emergenza abbiamo saputo dare un forte messaggio di sistema».
«Quello a cui abbiamo assistito in queste settimane è davvero un esempio unico di capacità organizzativa che ha coinvolto l’Università insieme all’Apss e in un secondo momento anche la Fondazione Mach – ha aggiunto il direttore generale di Apss Paolo Bordon. Un ente come l’università, che solitamente si occupa di ricerca competitiva di alto profilo, si sa mettere a disposizione sul campo per fare tamponi. Davvero un modello organizzativo unico quello che abbiamo creato in Trentino. Il rettore fa bene a essere orgoglioso dei suoi ricercatori».
Scheda
In UniTrento una “catena di montaggio” per analisi accurate
Applicare le metodiche di rilevazione del genoma del virus su centinaia, a volte più di un migliaio di campioni al giorno, ha richiesto ai ricercatori dell’Ateneo di sviluppare una procedura altamente standardizzata. L’attività è iniziata con la costituzione di un gruppo di ricercatori e ricercatrici e personale tecnico del Dipartimento CIBIO che hanno dovuto affrontare da subito il problema della scarsità dei reagenti necessari all’estrazione dell’RNA e alla sua amplificazione e rilevazione, difficili da reperire sul mercato. Dopo una fase di validazione della procedura (vari test e metodi di ottimizzazione dei protocolli su campioni analizzati in doppio con l’Unità Operativa di Microbiologia e Virologia dell’ospedale Santa Chiara) a fine marzo il via libera alle attività
La fase di esecuzione dell’attività su larga scala è stata organizzata in tre turni, sette giorni su sette, con personale volontario composto da docenti, personale tecnico, dottorandi e assegnisti di ricerca. È stato definito uno specifico percorso dei campioni con diverse tappe, dall’accettazione alla refertazione, passando dall’inattivazione, l’estrazione, l’amplificazione, l’analisi e l’interpretazione dei risultati. Il tutto garantendo la tracciabilità dei campioni e la sicurezza di tutti gli operatori.
La fase di estrazione è stata svolta a mano per l’iniziale assenza di estrattori automatici. Organizzata in una sorta di catena di montaggio industriale, ogni operatore ha svolto uno o pochi passi del protocollo. Un lavoro molto ripetitivo quindi, ma che ha portato ad una buona riproducibilità della procedura. Ad aprile l’Ateneo ha acquistato un estrattore automatico, consentendo di ridurre il numero di persone coinvolte a una decina per turno. Con la ripartenza progressiva della ricerca del Dipartimento, l’attività è stata spostata nei laboratori didattici in Scienze sperimentali nella sede di “Povo 0” del Polo di collina e dovrebbe proseguire fino a fine giugno, quando è previsto l’utilizzo dei laboratori didattici per la ripresa delle attività consuete.
(a.s.) Ufficio stampa Università di Trento
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