Uno studio applicativo del Centro Agricoltura Alimenti Ambiente dell’Università di Trento, sostenuto dalla Fondazione Caritro, rivela l’ampia variabilità sensoriale del miele millefiori e apre la strada per valorizzare il prodotto nei diversi segmenti di mercato e per promuovere la biodiversità.
Non sono mille, ma sono comunque tante le emozioni che il miele millefiori riesce a suscitare. L’esperienza comune a chi lo gusta così com’è o in una bevanda calda, a chi lo usa nella preparazione di dolci o piatti salati, ora ha avuto riscontro sperimentale. Uno studio applicativo, infatti, ha identificato l’ampia variabilità sensoriale presente nel millefiori del Trentino e ha identificato gradimento e caratteristiche di chi lo consuma. La ricerca spazza via l’idea del millefiori come di una categoria più omogenea rispetto a quella della tipologia monoflora (che proviene, invece, prevalentemente dal nettare di un’unica specie di fioritura) e apre la strada per valorizzare il prodotto nei vari segmenti di mercato. A supporto dell’apicoltura locale e quindi della biodiversità.
“Dalla bocca al fiore: promuovere la biodiversità attraverso la valorizzazione sensoriale dei mieli Millefiori trentini (BiodiMillefiori)” è un progetto di ricerca del Centro Agricoltura Alimenti Ambiente dell’Università di Trento, sostenuto dalla Fondazione Caritro con finanziamento Post doc Caritro, bando 2020. Il lavoro è stato svolto dall’assegnista di ricerca Danny Cliceri con il coordinamento della responsabile del progetto Flavia Gasperi, professoressa di Scienze e tecnologie alimentari, afferenti al C3A di UniTrento.
Danny Cliceri sottolinea: «Conoscere le proprietà sensoriali legate al gradimento dei consumatori è il primo passo per valorizzare i millefiori, caratterizzati da una variabilità sensoriale spesso inattesa. Saper raggiungere la clientela di elezione di un particolare millefiori può essere inoltre facilitato conoscendo le emozioni suscitate a seguito dell'assaggio, le sue modalità d'uso e i luoghi d'acquisto. Dal lato dell'apicoltore, conoscere le varietà botaniche responsabili di tali proprietà sensoriali può essere di supporto per stimare le potenzialità dell'area attorno all'apiario».
Flavia Gasperi osserva: «Il progetto è stato occasione per gettare uno sguardo sull’apicoltura e la sua capacità di supportare la biodiversità e ha mostrato il ruolo che l’analisi sensoriale può avere per la valorizzazione dei prodotti del settore. La realtà trentina, dove il millefiori rappresenta il 70% della produzione di miele, può essere un modello da cui prendere spunto per valorizzare il millefiori. In base ai risultati della ricerca sono già state predisposte schede di caratterizzazione di prodotto a supporto dell’attività di apicoltura svolta in Trentino».
Il progetto
Il progetto BiodiMillefiori, iniziato nel febbraio 2021 e terminato lo scorso gennaio, ha utilizzato i metodi dell’analisi sensoriale, i quali impiegano le persone come “strumenti” per misurare la qualità percepita dei prodotti alimentari.
Con il supporto dell’Associazione Apicoltori Trentini, della Federazione Associazioni Apicoltori Trentino e della Fondazione Mach sono stati raccolti 30 campioni di miele millefiori prodotti nella stagione estiva 2021. Alla loro caratterizzazione sensoriale hanno contribuito 43 giudici dell’Albo nazionale degli esperti in analisi sensoriale del miele.
Un sottoinsieme di sei mieli, individuati perché rappresentativi della variabilità sensoriale dei 30 campioni, è stato sottoposto a 131 consumatori e consumatrici per misurarne il gradimento. Questa fase è stata ospitata al Museo delle Scienze – Muse, dove con l’unità di Qualità sensoriale della Fondazione Mach è stato allestito un laboratorio di analisi sensoriale.
La fascia di popolazione coinvolta nello studio è risultata relativamente giovane e istruita: il 75% aveva tra i 18 e i 45 anni di età, il 60% la laurea. I punteggi di gradimento indicano che i millefiori rappresentativi sono risultati generalmente graditi, ma con interessanti differenze individuali. Due tipologie di consumatore (regolare, in cui prevale la componente femminile, e occasionale) si sono distinte per diverse preferenze verso specifiche proprietà sensoriali, con il primo gruppo che ama le tipologie più dolci e delicate e il secondo che apprezza anche sfumature amare, cercando una maggiore variabilità sensoriale.
Lo studio evidenza come il miele venga acquistato in spazi fisici: supermercati e apicoltori per chi ne fa uso regolare, gastronomie e mercati locali per chi lo consuma invece in modo occasionale. È prevalente l’impiego come dolcificante di bevande e ingrediente di torte e biscotti. Poi c’è un consumatore su tre che ama gustare il miele al cucchiaino, così com’è.
Lo studio delle emozioni ha permesso di identificare i principali stati emozionali generati dall’assaggio dei campioni. Le persone che lo usano in modo regolare, per addolcire bevande o preparare dolci, lo associano a uno stato rilassato e calmo. D’altra parte, chi ne fa un uso occasionale, magari per qualche ricetta salata, lo associa a sensazioni di entusiasmo e ispirazione.
L’analisi dei pollini è stata, invece, svolta all’Unità di Protezione delle piante agroforestali e apicoltura della Fondazione Mach. I risultati, correlati con la caratterizzazione sensoriale e con i responsi di gradimento, hanno aiutato a identificare le varietà botaniche responsabili delle proprietà sensoriali più apprezzate.
Ufficio stampa Università di Trento
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