Frasi che contengono discriminazioni, esclusioni, molestie, rese visibili e condannate nella campagna lanciata dall’Ateneo in occasione della Giornata internazionale della donna. Manifesti appesi in questi giorni in 19 sedi dell’Università fra Trento e Rovereto, segnalibri tematici nelle biblioteche di Ateneo, volantini affissi nelle bacheche per promuovere il servizio della Consigliera di fiducia. Con la campagna #finiscequi l’Ateneo prende posizione anche sui social. La prorettrice Poggio: «Un’azione di sensibilizzazione rivolta dentro e fuori l’Ateneo»
#finiscequi: un hashtag evocativo che richiama un impegno. Quello di rifiutare d’ora in poi ogni affermazione lesiva basata su genere, etnia, orientamento sessuale, disabilità, età, religione o altri fattori identitari. Si ispira a questo principio la campagna di comunicazione che l’Università di Trento ha lanciato all’interno delle proprie sedi accademiche e sui social istituzionali in occasione della Giornata internazionale della donna. Aule, sale lettura, laboratori e spazi comuni sono state allestite con manifesti in cui sono riportate frasi comuni, che ad una prima lettura appaiono neutre e inoffensive, ma che contestualizzate e specificate svelano discriminazioni, esclusioni, molestie. Frasi che possono causare disagio, escludere, discriminare, emarginare.
Per sensibilizzare su questo tema l’Ateneo ha ideato e stampato centinaia di locandine con una trentina di soggetti diversi, oltre a qualche migliaio di segnalibri, in distribuzione nelle varie sedi delle biblioteche universitarie. A questi materiali si aggiungono i volantini da appendere sulle bacheche con il talloncino da staccare per conservare il numero di telefono del servizio della Consigliera di fiducia di Ateneo.
La campagna – «Ma su, fattela una risata, no? Era solo una battuta! Non si può proprio più dire niente! Sono frasi che spesso si pensano o si sentono dire ad alta voce. Prestare attenzione alle parole è un esercizio complesso, quotidiano, che richiede lo sforzo di mettersi nei panni della persona a cui quella “battuta” viene rivolta – si legge nella presentazione della campagna sul sito di Ateneo alla pagina unitn.it/finiscequi – . Riflettere sulle frasi che pronunciamo, sui significati espliciti o impliciti che acquistano, è quindi una pratica indispensabile, il primo passo per costruire uno spazio di studio e lavoro inclusivo e aperto».
L’Università è una comunità, un’istituzione vocata alla formazione delle nuove generazioni, alla ricerca, alla conoscenza e al benessere lavorativo, un luogo in cui il contrasto ad ogni forma di discriminazione, il rispetto delle differenze e l’accoglienza devono trovare casa. Lo spiega la prorettrice per le politiche di equità e diversità, Barbara Poggio: «Negli ultimi anni l’Università ha lavorato in maniera significativa sul piano della parità di genere, ma anche del contrasto alla violenza e alle molestie. Ci è sembrato importante, oltre alle prese di posizione istituzionali, alle dimensioni più formali, sensibilizzare l’Ateneo e il territorio. Abbiamo pensato che una campagna di informazione potesse essere una delle risposte possibili a questa esigenza. Con questa campagna vogliamo dare un segnale forte: l’Ateneo cerca di evitare questo tipo di situazioni e invita la società tutta a porre attenzione all’uso del linguaggio».
La campagna di sensibilizzazione è un modo per svelare le discriminazioni contenute nel linguaggio quotidiano, ma anche per informare la comunità studentesca e accademica sulla possibilità di rivolgersi alla Consigliera di fiducia, una figura di supporto, interna all’Ateneo, che svolge un ruolo di ascolto e mediazione, garantendo riservatezza e anonimato. «È una figura a cui possono rivolgersi le persone che studiano e lavorano in Ateneo e che ritengano di aver subito situazioni di violenza, di molestie, di straining (stress forzato sul luogo di lavoro), di mobbing, di discriminazione. È importante che tutta la comunità accademica conosca questa opportunità. Per questo abbiamo pensato di predisporre dei volantini che vengono collocati nelle bacheche e che sono un elemento ulteriore di informazione».
(a.s.) Ufficio stampa Università di Trento
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