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Alla scoperta dei carnevali tradizionali trentini con Giovanni Kezich

Cultura e tradizione trentina


Tradizione e cultura popolare.

Due realtà che si combinano magistralmente all'interno di una delle tradizioni più antiche e colorate d'Europa... quale?
Il Carnevale tradizionale

Un mondo che scopriamo grazie a Giovanni Kezich, già direttore del Museo degli usi e costumi della gente Trentina e profondo conoscitore di questo argomento.

Cosa possiamo dire per contestualizzare il "Carnevale"?
In realtà comincerei dal fatto che, quando si parla di Carnevale, in pochi sanno bene di cosa si tratta visto che si possono intendere due cose completamente diverse.  
Per prima cosa il carnevale è un momento dell’anno. Poi dobbiamo distinguere tra mascherate e carnevali.

il momento della consegna del premio di Europa Nostra al Direttore per il progetto Carnival King of Europe

Mascherate e carnevali, qual è la differenza?
Le mascherate sono manifestazioni in cui è d’obbligo che certi personaggi ritornino sempre uguali a se stessi. Diciamo che sono legate ad un copione che non riguarda solo il costume, ma anche il modo in cui appaiono, le cose che fanno, insomma tipologie di azioni che sono assolutamente fisse.
Dall’altra abbiamo delle feste, sfilate di carri, dei carnevali in cui queste figure rituali non ci sono oppure ricoprono un ruolo secondario. Insomma, ognuno interpreta la propria idea di "carnevale" con il carro e il tema che crede: sono manifestazioni a tema libero.

Quando si parla di mascherate e carnevali quindi è d'obbligo non confondere le due realtà, giusto?
Assolutamente sì, diciamo pure che sono nati dallo stesso impianto, ma hanno preso strade diverse. Se volessimo fare un paragone con uno sport potremmo pensare al calcio, con squadre che giocano in due campionati differenti. Alla base troviamo due filosofie e strade diverse e non è detto si riconoscano come parte dello stesso ambito. 

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Ci sono anche delle differenze "storiche"?
Sicuramente sì. Storicamente il carnevale è un prodotto abbastanza tardo, diciamo che se ne parla dal 12esimo - 13esimo secolo.
Le mascherate invece vanno indietro nei tempi.
Noi ci occupiamo di mascherate arcaiche - quindi di questi rituali - dal 2006, e nel 2007 come Museo abbiamo promosso il progetto Carnvial King of Europe: una fortunata ricerca sulle comuni radici delle mascherate invernali in Europa che è stata oggetto di importanti riconoscimenti non solo in Italia e nel Trentino, ma anche in Giappone, in Finlandia, in Slovacchia e in Croazia.

Che cosa è emerso?
Che il complesso rituale della mascherata ha dei riti che gli sono propri: serve a risanificare l’ambiente ed a creare un anello ideale, un rito peripatetico che richiama anche molti aspetti del magismo elementare.
Vengono poi richiamate la relazione tra i morti e i vivi; il legame tra chi - possiamo dire - "sta al gioco" e quindi offre qualcosa alle maschere o si ferma a chiacchierare e anche la continuità del segreto del mascherato - una forma di aggregazione dei giovani al mondo degli adulti.

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Entriamo un po' nello specifico del Trentino. Quanti e quali sono questi carnevali tradizionali? 
In Trentino ne contiamo 9, 10 considerando anche il Biagio delle Castellare. Di questi però alcuni non sono a cadenza annuale, ma vengono proposti ogni 4 o 5 anni.
Quello sicuramente più conosciuto è quello che si festeggia il sabato grasso a Valfloriana, poi il martedì grasso ci sono quelli di Palù del Fersina, l'albero di Graunoil processo al Carnevale di Valda e quello di Romeno. I carnevali della Val di Fassa iniziano a gennaio e vanno avanti fino al martedì grasso.
Poi c'è la rievocazione a Coredo, che si festeggia ogni 5 anni il sabato grasso, e quella di Carano che si celebra invece ogni 4 anni. Anche se qui c'è una certa ritrosia a considerare il banderal una manifestazione carnevalesca: è visto più come un diritto di passaggio ai ranghi dei coscritti, loro la vedono come una cosa inutilmente estemporanea, anche il banderal è il martedì grasso. Inoltre, la prima domenica di quaresima a Varignano si portano delle strutture che si chiamano proprio "carnevali" mentre a Castello Tesino, ogni 5 anni, a chiudere il periodo carnevalesco c'è il processo al Conte Biagio.

Il più conosciuto è quindi quello di Valfloriana?
Sì, io partirei da Valfloriana perchè è una mascherata che possiamo considerare quasi un modello o un paradigma per il carnevale. 
Si sviluppa come un corteo che visita tutte le frazioni dalla più in quota alla più bassa. 
In questo rito si succedono tre fasi distinte che come impianto ritroviamo anche in tutti i carnevali di Europa e si evidenziano con l'entrata in scena di maschere diverse. 

La sala dedicata al Carnevale nel Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina

Quali sono queste maschere?
I primi ad arrivare sono i Matoci, sono le maschere che fanno paura, che parlano in falsetto e scuotono campanacci.  
I secondi personaggi sono gli Arlecchini - hanno capello a punta e danzano. In quasi tutti i carnevali tradizionali accompagnano degli sposi "finti", anche questa una costante che si ritrova un po' d'appertutto con questi matrimoni fasulli. 
La terza ed ultima squadra è quella dei Paiaci personaggi che fanno ridere, burleschi.
Una struttura che richiama un po' le mascherate di tutta l'Europa cattolica e ortodossa dove c'è una prima fase paurosa, poi ci sono gli arlecchini che introducono la fase finale, quella della burla.

Possiamo soffermarci sulle maschere del nucleo "arlecchinesco"?
Sì, è un piccolo nucleo di carattere arlecchinesco che si distingue in 3 personaggi (marascos, lachè e arlecchini) una figura che, di norma, introduce le maschere burlesche, anche se non è sempre così. Sono personaggi emblematici e, in quasi tutta Europa, hanno lo stesso cappello a cono.

Questo arlecchino è legato alla maschera del carnevale? 
Sicuramente. Il personaggio arlecchino esiste in quasi tutta l'Italia del nord e possiamo considerarla un figlio cinquecentesco di queste qui. 
C'è poi un personaggio, Zanni, che ha una livrea simile a quella degli arlecchini ed è bianca: a Carano, sono gli straccioni che vanno a portare via le cose durante la fase burlesca. 

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Un'ultima domanda: ci sono motivi particolari che hanno permesso di mantenere fino ai giorni nostri queste mascherate arcaiche?
Direi la tradizione, probabilmente una "questione" di ritardo. Nelle zone più remote assistiamo ad un conservatorismo più grande e il ricambio è più lento. Anche se la filosofia della mascherata non ha nulla a che fare con le culture minoritarie, accade molto spesso che si presentino proprio dove ci sono anche delle tutele alle minoranze linguistiche. Per fare un esempio i mocheni e i ladini di Fassa. Non è sempre il caso, Romeno una delle valli in cui si parla la stessa lingua…

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